É dalla metà di ottobre che don Gaetano, colpito da febbre viscerale, è costretto a letto, senza poter più scendere in Chiesa; tuttavia continua a celebrare nella stanza, fin quando può.
L’asma bronchiale ed una tosse, che non lo ha mai lasciato, complicano la situazione e gli causano una congestione polmonare.
Il medico gli ordina il riposo ed una terapia d’urto, che egli esegue, però, qualche giorno prima di morire, ai confratelli che l’assistono dice: “Lasciate stare, non serve più”.
Soffre molto, ma è paziente, sereno, rassegnato. Non si lamenta, prega: “Mamma mia, aiutami tu. Gesù, Maria e Giuseppe, aiutatemi”.
Quando il dolore si fa più forte, offre tutto per la gloria dei Sacri Cuori: “Gesù mio, ti voglio bene! Madonna mia, ti voglio bene!”
Un giorno fissa intensamente l’immagine dell’Immacolata, che è dirimpetto al suo letto, mentre una profonda sofferenza si disegna sul volto. Sussurra. Qualcuno gli s’avvicina ed egli lo rasserena: “Sto pregando la Madonna, perché non mi faccia vedere la Chiesa così desolata. Oh! Che vedo! Che rumore, che fracasso! Povera Chiesa! Povera Religione!”
I fatti politici dell’unità d’Italia del 1860 l’addolorano per l’accanimento contro la Chiesa: “Povera Chiesa, povera religione, poveri sacerdoti! Oh! Che brutte cose! I sacerdoti avranno persecuzioni. Beato chi ha fede, perché darà il sangue e la vita per Gesù Cristo”.
Il 26 0ttobre si aggrava. Fa fatica a respirare, non si può muovere dal letto. Il nipote, P, Beniamino Errico, celebra nella stanza la santa messa, alla quale egli partecipa devotamente e si comunica.
I Padri dell’Istituto gli sono attorno e pregano perché non li lasci ed egli li rassicura: “Io non vi abbandono, pregherò il Signore per voi e sarò con lo spirito in mezzo a voi”.
Chiede perdono e raccomanda: “Figli miei, amatevi l’un l’altro e siate osservantissimi delle Regole”.
Il 28 ottobre riceve l’unzione degli infermi tra la commozione di tutti.
Il 29 ottobre 1860, alle ore 10, fissa gli occhi sulla Madonna. Ha un volto sereno, atteggiato a sorriso. E’ cominciata la contemplazione eterna.
La notizia della morte corre veloce. La Chiesa s’affolla. C’è calca. Tutti vogliono entrare, vedere, toccare. Il picchetto di guardia, fatto schierare dalle autorità comunali, è travolto.
Vestito con l’abito religioso e seduto su di una sedia, gli viene fatto da morto quel ritratto che da vivo ha sempre rifiutato. Ne ritraggono le sembianze due famosi artisti: Spanò e Foggiano.
Il 30 ottobre la salma, rivestita degli abiti sacerdotali, è scesa in chiesa e sistemata su di un catafalco rialzato, per evitare atti di fanatismo. Il corpo resta flessibile per tre giorni e dalla piaga della gamba esce sangue vivo, con il quale si riempiono delle ampolle e si bagnano i fazzoletti dei fedeli, che chiedono una sua reliquia.
Arriva la gente da tutti i paesi vicini ed anche lontani per venerare il “santo”.
Le esequie del 31 sono un’apoteosi. La salma passa per le strade tra una fiumana di gente ed una pioggia di fiori, che scendono dai balconi.
Nel frattempo una delegazione, capeggiata dal sindaco, si reca da Garibaldi per ottenere il permesso di seppellire il corpo di don Gaetano nella “sua chiesa”, dove ancora riposa, venerato da tanti devoti.
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