L’incontro con Gesù non è un incontro qualunque. L’educazione alla fede cerca questo: di prepararlo, di offrirlo, di approfondirlo perché sia un incontro personale: è quanto propone il “Gruppo Emmaus” nelle sue diverse “esperienze”. Nel mese di giugno 2007 il GE ha vissuto al sua quinta esperienza di annuncio. “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete” (Gv 1,38-39): sono le parole del Vangelo che hanno aiutato i giovani a fissare lo sguardo su Gesù, Maestro e Signore della nostra vita.
I discepoli, accorsi sulle rive del Giordano per ascoltare le parole dell’ultimo dei grandi profeti, Giovanni il Battista, si videro indicare in Gesù di Nazaret il Messia, l’Agnello di Dio. Essi, incuriositi, decisero di seguirlo a distanza, quasi timidi e impacciati, finché Lui stesso, voltatosi, domandò: «Che cercate?», suscitando quel dialogo che avrebbe dato inizio all’avventura di Giovanni, di Andrea, di Simone Pietro e degli altri apostoli. È lungo i sentieri dell’esistenza quotidiana che è possibile incontrare il Signore. Nella concretezza di quell’incontro sorprendente, descritto con poche essenziali parole, ritroviamo l’origine di ogni percorso di fede. E’ Gesù che prende l’iniziativa. Quando si ha a che fare con Lui, la domanda viene sempre capovolta: da interroganti si diventa interrogati, da «cercatori» ci si scopre «cercati»; è Lui, infatti, che da sempre ci ama per primo. Questa è la fondamentale dimensione dell’incontro: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno, con «il Vivente». I cristiani non sono i discepoli di un sistema filosofico: sono gli uomini e le donne che hanno fatto, nella fede, l’esperienza dell’incontro con Cristo.
L’incontro con Cristo a volte resta superficiale e fugace. D’altra parte un’esposizione sistematica della fede può risultare per i giovani soltanto una bella storia, o un’ideologia articolata, non annuncio e promessa di salvezza. Il GE punta invece ad un incontro che avviene nella testimonianza di vita. A sollecitare e a sostenere l’incontro di fede con Gesù Cristo è una vita vissuta di una comunità credente e la sua interpretazione mediante la parola della fede. Il gruppo diventa perciò segno della fede. Si impegna per dare trasparenza ed autenticità evangelica alla sua vita, convinto che non può comunicare la fede se non la vive come la grande risorsa della propria esistenza.
Ad ogni “esperienza” ripete a se stesso che per operare il discernimento e il rinnovamento necessari non basta solo fare qualcosa: sono necessari, invece, giovani-testimoni, giovani di fede, sensibili alle cose di Dio e pronti alla testimonianza coraggiosa. Ritrova così il suo ambiente vitale e la via concreta per rafforzare la propria testimonianza nella preghiera, con la quale ravviva la coscienza della sua intima e vitale relazione con Dio, e nella comunione fraterna, con la quale si vive con semplicità il dono de sè e il senso della condivisione nella accoglienza degli altri.
Il cammino di fede dei giovani richiede la testimonianza di una comunità-gruppo che si rinnova continuamente. La testimonianza, tra l’altro è l’unico linguaggio capace di convincere i giovani che Dio esiste e il suo amore può colmare una vita. Lui offre a ciascuno un “vita nuova”. Chiede però a ciascuno di uscire da se stesso per andargli incontro, affidando a Lui tutta la vita. Una vita oltre la superficialità e la paura in grado di far riconoscere ciascuno come unico.9
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