RAFFAELE MENNELLA

Missionario dei Sacri Cuori

mennella  

1998

“Ai novizi,

ai postulanti dei Missionari dei Sacri Cuori,

e a tutti i giovani,

perché l’esempio di Raffaele Mennella

li incoraggi ad andare avanti

sulla strada che porta a Gesù”.

 

 

 

INTRODUZIONE

Il 15 settembre 1998 ricorre il Centenario della morte di Raffaele Mennella, Missionario dei Sacri Cuori.

Per quest’occasione, ho pensato di proporre all’attenzione di tutti, specialmente dei giovani, alcuni aspetti della sua vita. Raffaele Mennella è un giovane religioso, è morto all’età di ventuno anni, quando ha appena iniziato i suoi studi di teologia. La sua vita non è ricca di eventi straordinari, né presenta caratteri sensazionali. Egli è come uno di noi, con una nota distintiva: straordinario nell’ordinario. È attento, premuroso, umile, caritatevole verso il prossimo, obbediente ai suoi genitori, impegnato nel lavoro, diligente nello studio, devoto nella preghiera, serio e modesto nel comportamento, osservante della Regola. È fermo nelle decisioni. Non si risparmia davanti al sacrificio. Crede profondamente nell’ideale della vocazione religiosa e sacerdotale, fino a dire, prima di morire: “La mia gioia è quella di morire martire dell’osservanza della Regola”. È “straordinario” per la tenacia e la perseveranza nel fare bene tutte le cose. Mostra tale serenità di fronte alla morte, che potrebbe essere elencato tra i grandi mistici. È lontano da noi nel tempo, ma il suo messaggio è attuale: credere e vivere per i giusti valori. La sua “piccola via” conferma che la santità, una vocazione comune a tutti i battezzati, non richiede gesti eclatanti, ma che si prenda sul serio la grazia battesimale.

Non mette soggezione, perché è visto come uno di noi nel lavoro, a scuola, in famiglia o in convento, con la sola particolarità di essere sempre esatto, preciso e irreprensibile.

Non ha lasciato scritti o autobiografia, se non la lettera scritta della sua vita, che rivela il suo animo, i suoi pensieri e la sua spiritualità.

Possa in tanti giovani crescere il desiderio di intraprendere la salita della montagna della santità, vivere la vita quotidiana secondo i comandamenti di Dio, che sono la via sicura per raggiungere la vetta, guardando al Mennella.

Che gioia poter ammirare i giovani respirare l’aria pura e fresca delle alte vette. Giovani così sono la vera speranza cristiana del 2000. Il Mennella con la sua vita suggerisce un ideale, che si addice ai giovani: aspirare a salire sempre più in alto. È l’ideale vissuto da lui fino all’eroicità.

 

 

 

 

 

 

 

LA FAMIGLIA

Raffaele Mennella nasce il 22 giugno 1877 a Torre del Greco – Napoli – da Antonino e Annunziata Manguso. Nello stesso giorno è battezzato nella chiesa parrocchiale di Santa Croce. Il padre, un uomo di principi cristiani profondi, fa il pescatore. La madre è “una santa donna, che riceve la Comunione quotidianamente, recita il Santo Rosario, e, spesso, raccoglie i vicini per la recita della preghiera alla Madonna”. La sua famiglia è di modeste condizioni economiche. I suoi fratelli si chiamano Domenico, Liborio, Rosa e Giuseppe. Egli nutre amore e devozione verso i suoi genitori, ai quali è molto obbediente. Da fanciullo frequenta la scuola elementare con molto profitto.

La situazione economica della famiglia non gli dà la possibilità di continuare gli studi. Infatti, cresciuto, i genitori lo mandano in una bottega di corallai per imparare il mestiere. Come apprendista è molto attento e umile e non si cura dei cattivi esempi dei suoi compagni. Con il suo piccolo guadagno provvede a comprare i libri, perché vuole continuare a studiare.

Due sacerdoti fratelli di Torre del Greco, Luigi e Vincenzo Maglione, si offrono per dargli lezioni gratuite di latino, storia e italiano, dopo il lavoro, conoscendo la bontà del ragazzo. È molto attento e docile agli insegnanti. Prende nota con diligenza di quanto sente e conserva tutto in appositi quadernetti. Quando trova qualche difficoltà nello studio, prima prega la Madonna e poi va dal professore per opportuni chiarimenti.

Per il suo impegno e perché dotato d’intelletto acuto, memoria ferrea e ferma volontà, in breve raggiunge una tale preparazione da poter sostenere un esame “in belle lettere” presso qualche congregazione religiosa, per potervi essere ammesso.

Ogni giorno, prima e dopo il lavoro, partecipa alle celebrazioni religiose nella chiesa del Carmine. Riceve la Comunione ogni domenica e serve la santa Messa. L’impegno e la perseveranza nel compimento dei suoi doveri di figlio, di scolaro e di apprendista, attirano l’attenzione di monsignor Giovanni Acquaviva, rettore della chiesa del Carmine, che lo ammira moltissimo. L’ambiente familiare lo aiuta a crescere di giorno in giorno nel santo timore di Dio e nelle virtù cristiane, per cui nessuna meraviglia quando si presenta ai genitori per esprimere il suo desiderio di consacrarsi a Dio. La famiglia, prima scuola di vita, è il terreno più adatto per il nascere di una vocazione alla vita consacrata e sacerdotale.

 

 

 

 

 

 

LA CHIAMATA

 

Ogni chiamata da parte di Dio è una storia personale, fatta in modi e tempi diversi. A Dio va bene sia Mosè che i giovanissimi Samuele e Davide. Raffaele appartiene ai chiamati della prima ora.

Il sacerdote Vincenzo Maglione, che gli dà lezioni di latino, testimonia che “fin dalla più tenera età Raffaele si sentisse chiamato al sacerdozio” e don Giacomo Falanga aggiunge, “Crescendo negli anni conservava sempre l’inclinazione alla pietà cristiana, frequentava la chiesa e diventava sempre più evidente la vocazione allo stato ecclesiastico”.

Quando la chiamata di Raffaele diventa più chiara e insistente, si pone il problema della scelta del “dove” il Signore lo chiama a seguire. Dio mette sulla strada di Raffaele un religioso dei Missionari dei Sacri Cuori, P. Luigi Torrese, che, oltre a guidarlo nello studio della vocazione, gli fa conoscere il suo Istituto.

La testimonianza e la mediazione delle persone, normalmente, influiscono nelle scelte da compiere. Così Raffaele, “che andava ad accompagnare o a prendere alla stazione il P. Torrese, quando arrivava o partiva da o per Secondigliano”, inizia ad appassionarsi della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori, fino a chiedere di essere ammesso.

Ma, come ogni vocazione, conosce la prova. Infatti, la sua prima domanda di ammissione è respinta. Il P. Balzano, suo maestro di noviziato e agiografo, così spiega: “Forse per essere troppo sfornito di ogni avere o, più probabilmente, per sperimentare meglio la sua vocazione. Il nostro giovane, sebbene molto afflitto per il rifiuto avuto, non cambiò idea, anzi con maggior fervore ricorse alla preghiera, sapendo che tutto è possibile ottenere attraverso la preghiera. Ogni sera andava alla chiesa del Carmine e, da solo o con altri, di fronte all’altare del Sacro Cuore di Gesù, recitava cinquanta “Gloria al Padre” con grande devozione, perché Dio assecondasse il suo desiderio”.

Egli presenta ancora con molta speranza la domanda di ammissione, ma puntualmente riceve risposta negativa.

Allora gli sorge il dubbio: forse il Signore non vuole che io sia un missionario dei Sacri Cuori? Egli prega più intensamente, chiede consiglio e, infine, si rivolge ai Padri Cistercensi, che subito accettano la sua domanda e stabiliscono il giorno per il suo ingresso nella comunità. Ma quel sacerdote, incontrato all’inizio del suo cammino vocazionale, lo affascina, per cui, prima di partire, tenta ancora dai Missionari dei Sacri Cuori di Secondigliano, che, questa volta, danno una risposta positiva.

Era destino? Il P. Balzano risponde: “Se uno avesse considerato l’indole, la vita del giovane e la natura della Congregazione dei Sacri Cuori, di certo avrebbe concluso che questa era fatta per lui e che Dio lo chiama a questa Congregazione. Il suo tenero amore al Sacro Cuore di Gesù e a quello di Maria, la sua tendenza a predicare, il suo chiaro tenore di vita davano a vedere che Dio lo destinava a quella Congregazione, i cui membri, educati per tempo ad alimentare nei loro cuori la fiamma dell’amore per i Cuori amabilissimi di Gesù e di Maria, fanno professione di riaccenderlo con ogni sorta di sacro ministero nei cuori del prossimo”.

Il 10 novembre 1894 Raffaele bussa alla porta della comunità dei Sacri Cuori a Secondigliano. Ad accoglierlo c’e P. Pietro Di Nocera, che prima ha respinto la sua domanda. Quando la porta del convento si chiude, Raffaele capisce che ora inizia un nuovo capitolo della sua vita: la scalata per raggiungere la meta che tante volte il Signore gli ha fatto intravedere: essere un sacerdote- missionario.

 

 

 

 

 

 

VIENI E VEDI

 

Andare, vedere, fermarsi sono i tre verbi che descrivono la storia di una vocazione. Andare. Chi vuole scoprire deve lasciare necessariamente. Vedere. Fare esperienza è ciò che precede ogni decisione importante della vita, come il fidanzamento per il matrimonio e il seminario o noviziato per il sacerdote e il religioso. Fermarsi. È la conseguenza della scoperta che si fa.

Raffaele Mennella, compiuto il primo passo, si avventura alla scoperta dell’origine di quella voce, che continuamente si è fatta sentire: “Seguimi”. Dal momento che P. Pietro Di Nocera, sacerdote dal volto severo, con due cuori sul petto, chiude la porta del convento, capisce che il passato è alle sue spalle e che, ora, deve guardare avanti.

Raffaele, di altezza media e piuttosto pallido in volto, è un bravo ragazzo. Ha occhi castani e i capelli di colore nero. Modesto nel comportamento, dal suo sguardo traspaiono innocenza e semplicità. È un attento osservatore della vita dei sacerdoti per imparare bene e subito. Il padre Maestro testimonia: “Era molto attento ad ascoltare le spiegazioni del direttorio e delle Regole e non solo prendeva appunti in un quaderno per ricordare bene ma, soprattutto, con incredibile impegno le praticava”. Egli ha un solo desiderio: rassomigliare sempre di più tutti i giorni al suo unico e vero amico, Gesù. Non si stanca di passare ore con Lui, presente nel tabernacolo. Il sacerdote Giacomo Falanga riferisce: «Durante le quaranta ore chiedeva il permesso di compiere per diverse ore l’adorazione, anche di notte”. La diligenza, la tenacia e la meticolosità lo rendono straordinario anche nel fare le cose più ordinarie, come testimonia don Alessandro Di Nocera: “Era molto attento nel compimento di tutti i suoi obblighi e nel rispetto di tutte le norme. Pur non presentando fatti straordinari, era straordinario nelle cose ordinarie”. Accetta i consigli del padre Maestro, senza discutere. Anzi, senza vergogna, gli apre il suo cuore, rivelandogli anche i pensieri, in modo che egli lo possa guidare bene nello scegliere il suo stato di vita. Nella vita ordinaria di Raffaele, tuttavia, non mancano fatti che vanno al di là. Antonino Mennella testimonia: “Aveva l’abitudine di dormire sulla nuda terra”. La costanza nel compimento del dovere fa di Raffaele un modello per i giovani, che molto spesso si spaventano davanti ai loro impegni quotidiani. Alla fine dell’anno di noviziato il P. Maestro scrive ai Superiori: “E’ stato docile e obbediente a ogni segno del P. Maestro. Si è dimostrato molto esatto nell’osservanza del direttorio e si è distinto nell’obbedienza, nella modestia, nel silenzio e nel raccoglimento. Ha adempiuto i suoi obblighi con tanta diligenza e precisione da diventare l’ammirazione di tutti”.

Il 21 novembre 1895, davanti alla comunità riunita nella chiesa, al Superiore che gli chiede: “Mio caro figlio, che cosa chiedi a Dio e alla Chiesa?”Egli risponde senza esitazione: “La misericordia di Dio e la grazia di servirlo più fedelmente nella famiglia dei Missionari dei Sacri Cuori”. Ora, è un religioso dei Missionari dei Sacri Cuori. È andato. Ha visto. Decide di fermarsi perché c’é Qualcuno che lo attira.

 

 

 

 

 

DUE CUORI SULLA VETTA

 

“Aspirare all’eminente conoscenza di Gesù Cristo, nostro Signore, e del suo amore verso di noi e quindi eccitarsi a riamare quel Cuore divino, che n’è la sede, e nutrire una devozione fervente verso il Cuore di Maria, che è la Madre del sant’Amore, sarà l’oggetto principale dei nostri Congregati”.

“Ogni congregato avrà certamente quest’amore, quando conoscerà Dio, sommo bene, e Colui che egli stesso ha mandato, Gesù Cristo”.

“Per accendere il divino amore nel cuore degli altri, è necessario che ogni congregato abbrucia prima esso di quest’Amore”. (cfr Cost.1838)

Le Regole indicano in questo modo a ogni congregato dell’Istituto dei Missionari dei Sacri Cuori la meta e la strada per raggiungerla.

Il desiderio di conoscere il Crocefisso, con il cuore squarciato, e la Madre, con il cuore trafitto dalla spada del dolore, spinge Raffaele a salire in fretta. La salita della “santa montagna” non è una passeggiata, ma una scalata. Anche il santo ne avverte la stanchezza e la durezza e sente la tentazione di tornare indietro, perché la sua vita non ne è esente. Ma Raffaele è uno che ha deciso di arrivare a tutti i costi fino ai piedi della croce. Quei due cuori lo attirano, perciò vuole “faticare con la perdita di tutto, compresa la vita, per far conoscere ai popoli tutti l’ardentissimo amore dei Sacri Cuori verso di noi e per accendere nel cuore degli uomini il santo divino amore”. (cfr Cost.1838) Arrivare il più vicino possibile per conoscerli, amarli e farli amare di più, è il suo ideale. Così, la meditazione dell’Amore di Cristo lo appassiona tutti i giorni a tal punto che, come testimonia il Padre Maestro, non si stanca mai di contemplare il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia: “Il suo pensiero era rivolto di continuo a quest’augusto Sacramento. Sempre che aveva un poco di tempo libero correva come un cervo assetato a questa fonte divina e vi rimaneva in ginocchio, tutto assorto nella grandezza divina”, sia il crocefisso: “Spesso meditava i dolori e le sofferenze di nostro Signore”, soffermandosi in particolare sulla ferita del Cuore: “In onore del Sacro Cuore di Gesù praticava innumerevoli atti di ossequio. Aveva sempre un’immagine sul tavolino. Lasciava la frutta a pranzo e a cena durante tutto il mese di giugno. Con fiducia ricorreva a Lui in tutti i suoi bisogni”. La Madre ai piedi della Croce, poi, con il volto mesto ma pieno di speranza, gli ispira una tenera e affettuosa devozione. Non c’è motivo per cui egli tralasci di fare tutti i giorni la visita alla Madonna. Durante la giornata al suono dell’orologio o della campana la saluta con le parole “Ave Maria”. Non inizia alcun atto senza averla primo invocata. Durante il lavoro tiene un’immagine della Madonna sul tavolo. Nelle tentazioni le si rivolge con affetto filiale, pregandola di aiutarlo. Recita tutti i giorni il santo Rosario. Predica durante il mese di maggio sulle glorie di Maria e nel mese di giugno sul Sacro Cuore di Gesù presso alcune persone pie, che mutano una stanza della loro casa in un oratorio, dove molte persone accorrono, per ascoltarlo. A passeggio per le strade di Roma, passando per alcune basiliche o chiese dedicate a Maria, non manca di entrare per salutarla. Agli amici e compagni, che lo visitano durante la malattia, parla della Madonna. Negli ultimi giorni della sua vita non fa altro che pregare. Nella stanza, vicino al suo letto, sopra un cassettone, ha un’immagine di Maria, cui rivolge di continuo il suo sguardo. Muore, rivolgendo alla Madonna lo sguardo. Raffaele è veramente un innamorato di Maria Vergine. Conoscere per amare. Amare per fare amare è lo spirito che anima la sua vita.

 

 

 

 

 

LA SCALATA

 

Intraprendere una scalata è un’impresa. Bisogna essere addestrato. Raffaele, che di montagne ha visto solo il Vesuvio, durante l’anno di noviziato impara a conoscere quelle scalate dai santi, “di cui leggeva la vita e procurava di mettere in pratica quello che leggeva di loro”.

Nelle salite, per non correre rischi, c’è sempre bisogno di una guida. Raffaele ha il libro delle Regole che studia con diligenza e ne legge una parte ogni giorno. Esso gli indica la via da seguire, è il suo compagno di viaggio, la mappa, che a ogni bivio, indica la giusta direzione. E Raffaele gli è fedele. “Fin dal suo noviziato le aveva imparato a memoria e all’occasione le citava prontamente. Non solo le leggeva, ma le meditava profondamente e sorgendogli qualche dubbio sul modo di praticarle, subito ricorreva al Superiore per esporglielo e poi registrava in un apposito quaderno la spiegazione ricevuta”. “Parlava spesso dell’osservanza della Regola e con calore inculcava a tutti la fedele osservanza”. “Faceva quello che diceva. Osservava le Regole con un’esattezza, che di più non si poteva desiderare anche da una persona matura. Nessuno mai, soprattutto nell’ultimo anno, quando viveva a Roma, aveva notato in lui alcuna inosservanza della Regola”. “In breve, non vi era regola dell’Istituto che non avesse osservato esattamente”. “Era rivolto verso la perfezione, che si attua certamente e precisamente con l’osservanza della Regola”. “Fu una sua caratteristica la scrupolosa ed esatta osservanza della Regola”.

Quando la malattia gli fiacca le ginocchia, spossandolo, lo assale per un momento il dubbio che la malattia fosse stata causata dalla rigida osservanza della Regola. È il momento della nebbia, che sorprende chi cerca di salire la montagna. È l’incertezza che si ha quando la salita diventa dura e la fatica si fa sentire. Allora i deboli tornano indietro, i coraggiosi vanno avanti. Raffaele non si lascia prendere dalla paura, vuole arrivare in alto. Afflitto nel corpo, ma forte nello spirito, al diavolo che lo tenta, risponde: “La mia gioia è morire martire dell’osservanza della Regola”. Ora sulla croce dichiara il senso di una vita vissuta per un giusto ideale, per cui è capace di sorridere di fronte alla morte. Sul letto di dolore c’è una lotta tra il suo “io” e la fedeltà a Dio. Raffaele sceglie Dio.

L’obbedienza alla Regola è un atto di fede per chi decide di seguire il Maestro. Per chi crede, obbedire è sinonimo di vivere, disobbedire equivale a morire.

Da dove gli viene la gioia di morire, anche se così giovane? Dal suo desiderio di essere simile a Cristo. Essere con Lui sulla croce non gli procura dolore ma gioia, come leggiamo nella prima lettera di Pietro: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi”.(1Pt. 4 , 13). Il letto di dolore diventa la sua vetta, che gli procura una pace immensa. Ecco come P. Panariello, suo compagno di noviziato, descrive l’ultima visita fattagli, mentre egli è malato: “Quando sono entrato nella stanza, era seduto, ma al vedermi si alzò, anche se con difficoltà, mi venne incontro e, con la gioia sul volto, mi offrì la sedia. Parlammo. Senza accorgermi, mi condusse in un campo di sublime mistica. Mi parlò di morte e che tutti dovrebbero essere pronti, perché Gesù Cristo ci nasconde il giorno in cui spiriamo, del quanto sia necessario diventare santo e che la perfezione consiste nel fare la volontà di Dio, in tutte le cose, prospere e spiacevoli”.

Lo “straordinario” di Raffaele è la perfetta osservanza della Regola, fino a desiderare di morire piuttosto che disobbedire. “Morire martire dell’osservanza della Regola” è il martirio della fedeltà. È il martirio del sangue versato, goccia a goccia, ogni giorno.

 

 

 

 

 

LO SCALATORE

 

La montagna, con le sue cime, che sfidano il cielo, sembra quasi voler scoraggiare chi pensa di dominarla. Anche la “montagna della santità” mette dentro gli stessi sentimenti. Tanto è vero che molti, alla fine, concludono dicendo: “La santità non è fatta per me”.

Un vero scalatore non si lascia spaventare, ma affronta con coraggio e determinazione ogni difficoltà, sicuro di potercela fare.

Chi vuole raggiungere la vetta della “montagna della santità” deve dotarsi del bastone della fiducia in Dio, in cui ognuno tutto può, e della corazza della virtù: forza d’animo, vita morigerata, umiltà, temperanza, costanza, carattere, prudenza, perseveranza … Tutte virtù che si possono ammirare nello scalatore Mennella. La fede in Dio e la ferma volontà di arrivare in cima, senza risparmiarsi, sono la sua forza. E la “santa montagna” ogni giorno lo modella secondo i canoni della vita spirituale.

Ecco come i compagni e i superiori, ma, soprattutto, il padre Maestro del noviziato raccontano quella scalata.

“Era bello vederlo placido nel suo comportamento e ilare in volto trattare con tutti con modi dignitosi e affabili, senza mai adirarsi”.

“Non consentiva ad alcuno di criticare alla sua presenza. Infatti, una volta che un novizio si prese la libertà di criticare una persona, avendolo inteso, subito lo riprese, dicendo: “Come fate a saperlo? Badate agli affari vostri”.

“Ammalandosi un suo compagno, erano quasi incredibili le cure che gli prestava. Molto spesso lo visitava, gli somministrava i farmaci, lo sostituiva nei servizi più umili. Nei casi più gravi si alzava anche durante la notte”.

“Non parlava mai di cibi né della loro buona o cattiva preparazione. Si contentava di tutto quello che gli preparavano. Mancandogli qualche cosa, non si lamentava mai, anzi sopportava con piacere le privazioni”.

“Grazie ad una vigilanza continua su se stesso, cooperando con la divina grazia, era arrivato ad assoggettare l’uomo carnale allo spirituale, regolando ogni suo effetto alla luce della ragione e della fede “.

Ecco ciò che uno dei suoi compagni di scuola e noviziato, nonché paesano, che non mancò di “metterlo in croce” con i suoi mille scherzi, p. Giulio Panariello, racconta: “I suoi pensieri erano rivolti sempre a Dio e a tutte le cose che Gli appartengono”. “Amava pregare ed era bello vederlo davanti a Gesù Sacramentato, tutto raccolto senza fare un minimo movimento”. “Ogni volta che andavo a fargli visita, ritornavo a casa edificato per aver osservato le virtù di cui era adorno”. “Camminando per le strade di Roma e nell’Università Gregoriana, era ammirato da tutti”.

“Era umile e mite e con ammirevole pazienza sopportava le scortesie e, talvolta, le ingiurie, che gli erano fatte da alcune persone”. “Cercava di rimanere nell’oblio e, se qualcuno lo elogiava, diceva: “Misericordia, se voi sapeste le mie miserie, non parlereste così”. “Non si contentava di uno studio superficiale, ma voleva, per quanto possibile, conoscere fino in fondo e spesso ripeteva: “Se i cattivi studiano tanto per combattere la religione, quanto più dobbiamo studiare noi per difenderla”.

“Disputando con i suoi compagni in materia di studio, non aveva la pretesa di far prevalere ad ogni costo la sua opinione. Esponeva il suo pensiero con placidità e sempre con un sorriso sulle labbra, ma a volte, anche con un certo calore, soprattutto quando confutava le obiezioni del compagno. Nell’accalorarsi non offendeva mai alcuno e manteneva sempre il massimo rispetto per l’avversario”.

“Non studiava per scopi mondani, ma solo per dare gloria a Dio e per essere un giorno utile al prossimo”.

Un suo compagno di scuola alla Gregoriana, il card. Luigi Maglione, Segretario di Stato di Pio XI e Pio XII, incontrando i Missionari dei Sacri Cuori non poteva fare a meno di esprimere la sua meraviglia per la condotta edificante di Mennella.

Il P. Dilverio Santomartino attesta: “Seguiva in modo spiccatissimo l’andamento comune. Ricordo che era versatilissimo in ascetica e quando si entrava in questo argomento, era in modo straordinario eloquente”.

Il signor Apreda, suo compagno d’infanzia, tramanda l’inizio di quella scalata. “Ogni Domenica andava a visitare i malati in ospedale, prestandosi in ogni modo per essere utile. Con grande amore li serviva anche in quelle cose che la natura umana trova più disgusto. Insegnava loro le cose di religione; recitava con loro il santo Rosario e li confortava con sante massime a sopportare con pazienza la malattia. Donava loro frutta fresca, biscotti e altro, che aveva comprato con i suoi risparmi”. “Era di esempio per tutti i giovani del luogo, spoglio come era di ogni malizia e adorno solo del candore dell’innocenza. In mezzo a tante tentazioni e cattivi esempi la sua innocenza rimase intatta”.

Il P. Alessandro Di Nocera, che molto spesso lo ebbe ministrante nella celebrazione eucaristica, così arricchisce la cronaca: “Ogni giorno un novizio mi assisteva per la messa. Tutti erano modesti, esatti, raccolti, ma il Mennella aveva un atteggiamento speciale, che potrei definire serafico. Io pensavo che facevo la comunione a un angelo. Ciò che mi colpiva di più era la sua angelica purezza, che traspariva dagli atteggiamenti di grande modestia, quando usciva per andare a fare una passeggiata con i suoi confratelli”.

Tra i suoi ammiratori c’è anche P. Pietro Di Nocera, superiore generale, che scrive al P. Rettore della casa di Roma: “Impegnatevi a far riuscire il Mennella negli studi, mi tarda l’ora di vederlo sacerdote”. Alla notizia della sua malattia manifesta il suo grande dolore: “Questa è la seconda volta che lo studente Mennella viene molestato dalle emottisi e credo che abbia bisogno di una cura radicale, perciò vi prego di badarci, altrimenti temo che lo perdiamo; che Dio non lo permetta”. E nella lettera successiva: “Non mi raccapezzo più né posso trattenere le lacrime: ho fatto sospendere la scuola per pregare”.

La “montagna sacra” mette soggezione, ma, ora, vedendo quel giovane scalatore arrampicarsi per i sentieri irti e impervi, dobbiamo credere che nulla è impossibile a chi confida in Dio. Raffaele, forse, non pensa che, al suo arrivo sul Calvario, il Signore gli chieda di salire sulla croce.

 

 

 

 

 

IL TRAGUARDO

 

È il 3 luglio del 1898. Un pomeriggio afoso, uno dei tanti dell’estate romana. Raffaele, tenendo il fazzoletto sulla bocca, bussa alla porta della stanza del Padre Superiore. All’ordine di entrare, saluta educatamente e mostra il fazzoletto intriso di sangue, dicendo: “Padre, vi ho informato solo per farvi sapere e non per qualsiasi altra ragione”. Il superiore impallidisce, riesce appena a dire qualche parola di conforto. Quando il medico accorre, dà la terribile sentenza: tubercolosi polmonare. Poi superando se stesso, dice al malato: “Figlio mio, la malattia è grave, se il Signore ti volesse in cielo, ne avresti piacere?”. È l’annuncio che il traguardo è vicino. Con il sorriso sulle labbra, risponde: “Eccomi! Sono prontissimo a fare in tutto e per tutto la volontà divina”.

Con la stessa serenità di spirito informa i genitori: “Cari genitori, mi trovo gravemente malato, bisogna uniformarsi in tutto e per tutto alla santissima e divinissima volontà di Dio”. Sull’altare del sacrificio, mite agnello, non si dimena, non si lamenta, non protesta, anzi la pace che gli traspare sul volto, diventa motivo di ammirazione per tutti coloro che lo visitano. Ecco il commento di alcuni medici: “E’ davvero un angelo”. “E’ da tempo che faccio il medico e fino ad ora non ho mai visto un malato in uno stato grave che se ne stia allegro e gioioso. Un’altra persona con quella malattia sarebbe già morta dalla paura, ma egli resiste ancora, perché non se la piglia. Beato lui! E’davvero un santo”.

Quante volte aveva pronunciato il suo “eccomi”, ma ora, di fronte alla morte, non ha un solo attimo di esitazione a ripetere ancora: “Eccomi”. E lo dice sorridendo, come un corridore, quando da vincitore, taglia il traguardo.

La signora Giovanna Milanesi riferisce di aver sentito da un tale Raffaele Scarfoglieri: “Egli era in una piccola stanza a vico Annunziata e teneva sempre gli occhi bassi, il volto sorridente e spesso alzava lo sguardo al cielo, senza proferire alcuna parola di sconforto”. La malattia non gli fa perdere la pazienza. Un giorno che i suoi genitori, dopo aver cercato un alloggio più salubre, hanno ricevuto solo rifiuti, egli li incoraggia: “Non importa, il Signore penserà a noi, Egli che pensa anche agli uccelletti”.

L’essere una persona malata terminale non lo rende esigente. Visitato da molte persone, sacerdoti e laici, esclama: «Oh! Perché tanta gentilezza per me, povero fraticello?”. Più che essere consolato, pensa a dare conforto a coloro che si rammaricano per la sua malattia, tenuto conto anche della sua giovane età: “Ognuno è tenuto a prepararsi, perché Gesù Cristo ci nasconde il giorno in cui moriamo. La perfezione consiste nel fare la volontà di Dio in tutte le cose, prospere e sgradevoli”. La cognata riferisce: “Un giorno, era una mattina di sole, egli volle alzarsi dal letto per sedersi su una poltrona. Volle accanto i miei due bambini ed io, mentre lo pettinavo, gli dissi: “Vedo che ti senti meglio, saresti contento di guarire?”. Mi rimproverò dolcemente e, portando il dito alle labbra, disse: “Taci, non ripeterlo, oggi sono pronto e mi salvo, domani non lo so”.

Giunta l’ora, pienamente consapevole di ciò che sarebbe accaduto, per niente disperato, saluta così un suo compagno: “Chi lo sa, forse, non ci vedremo più; faremo quello che Dio vuole”.

È il 15 settembre 1898, festa della Madonna Addolorata. Alle nove e mezzo del mattino, il prete arriva per la confessione. Il parroco della chiesa di Santa Croce, in processione, seguito da molte persone, gli porta la Comunione e dopo averlo comunicato, esclama: “Raffaele, quando sarai in paradiso, prega per me”.

Dopo il sacro rito, si raccoglie in un profondo colloquio con Dio, anticipo, ormai, di quello eterno. Ripresosi dal suo raccoglimento, a un giovane amico che gli suggerisce: “Mennella, se il Signore ti chiamerà in cielo, non dimenticarti di me e, in particolare, del tuo superiore, dei tuoi confratelli e della tua famiglia”, egli risponde: “Che dici? Dimenticarmi dei miei superiori, dei miei confratelli e di tutti quelli che mi hanno fatto del bene? Non sia mai”.

Sono le tredici e trenta. Tutti sono andati via. Raffaele è solo con la madre. Si guardano intensamente. La madre accenna a qualche lacrima. Allora egli si gira sul fianco destro, verso l’immagine della Vergine Maria. Ha tagliato il traguardo. Ha impiegato ventuno anni, tre mesi e cinque giorni. La madre guarda il suo figlio morto, vestito dell’abito religioso, senza piangere. Qualcuna, meravigliata, le chiede: “Come mai hai perso questo tesoro di figlio e non piangi?”. E lei risponde: “Come posso piangere, se mio figlio è già in Paradiso!”

Le persone, che visitano la salma, entrando nella stanza, avvertono un intenso profumo di rose e notano un volto fresco e sorridente.

“Il mattino seguente, quando noi parenti entrammo nella stanza, dove giaceva il cadavere, riferisce ancora la cognata, un grande profumo di fiori ci accolse. Non eravamo in una camera ardente, ma in una serra di fiori”.

Al suo funerale c’è una vera fiumana di persone di ogni condizione sociale. Dai balconi, dalle finestre, dai terrazzi, dalle strade, mentre il carro funebre passa sotto una pioggia di confetti e di fiori, si sentono pianti e voci che ripetono: “E’ morto un santo! Raccomandiamoci alle sue preghiere”.

 

 

 

 

 

IL PROCESSO della TAPPA

 

Nella vita di Raffaele Mennella non si nota una folla ammiratrice, che va e racconta. Egli fa la scalata, passando dalle pareti di un laboratorio di corallo a quelle di un convento, eppure, quando taglia il traguardo, non poche sono le voci che esaltano le sue virtù: la costanza, la bontà, la fedeltà, l’impegno, l’umiltà, la carità, la fede … che lo dicono “santo”.

Il P. Pietro Di Nocera, nel dare la notizia della morte alle varie comunità della Congregazione, scrive: “Ieri ho saputo della morte dello studente Mennella. È morto com’è vissuto, da vero servo di Dio, e, se da una parte la natura esige il dolore per la perdita del buon soggetto, dall’altra parte dobbiamo consolarci, sapendo quasi certo che abbiamo in cielo un’anima che prega il Sacro Cuore di Gesù per noi e per la Congregazione”.

  1. Gaetano Pezzella, parlando con i giovani religiosi di Raffaele Mennella, dice: “Raffaele Mennella aveva la stoffa dei santi ed era davvero un santo”. Quando la salma è trasferita dal cimitero di Torre di Greco a quello di Secondigliano, egli, affacciandosi dal balcone perché impossibilitato a partecipare, esclama: “Era davvero un santo!”.

Le persone, che accorrono al suo letto di morte, non pregano per lui, ma si affidano alla sua intercessione dicendo: “Beato lui! Era davvero un santo! Prega per noi”.

  1. Luigi Balzano, suo Maestro del noviziato, dichiara: “Era stimato e amato da tutti, che lo tenevano in concetto di giovane santo. Egli passò in mezzo a noi come una visione di paradiso, lasciando dietro di sé una fragranza soavissima di ogni tipo di virtù. Ringraziamo il Signore, che volle darci Raffaele Mennella, che giustamente può essere proposto come modello sia ai giovani in generale sia a quelli candidati alla vita religiosa”.

Fin dalla morte, ma anche in vita, a Torre del. Greco e a Secondigliano tutti lo tengono in gran concetto per le sue virtù e lo stimano “santo”.

E oggi che il suo corpo riposa nella chiesa, dedicata alla Madonna Addolorata, accanto a quello del Fondatore, San Gaetano Errico, a Secondigliano c’è un pellegrinaggio continuo di persone alla sua tomba, per affidarsi a lui, come a un “santo “.

E noi auspichiamo che la Chiesa, riconoscendo l’eroicità delle sue virtù, lo dichiari “santo”.

 

 

 

 

 

 

DATE AGIOGRAFICHE

 

 

RAFFAELE MENNELLA

 

Nasce a Torre del Greco (Napoli) il 22 giugno 1877 da Antonino e Manguso Annunziata.

 

È battezzato lo stesso giorno nella parrocchia di Santa Croce in Torre del Greco.

 

Entra nella Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori il 10 novembre 1894.

 

Veste l’abito religioso il 18 novembre 1894.

 

Emette la prima professione religiosa il 21 novembre 1895.

 

Riceve la Tonsura e gli Ordini minori a Napoli dal Mons. Taglialatela il 13 settembre 1896.

 

È trasferito alla casa di Roma per gli studi presso l’Università Gregoriana il 24 settembre 1897.

 

Si ammala di tisi polmonare, il 3 luglio 1898.

 

Torna a Torre di Greco per curarsi il 2 agosto 1898.

 

Muore a Torre di Greco nel 15 settembre 1898.

 

La sua salma è trasferita dal cimitero di Torre di Greco a quello di Secondigliano il 15 gennaio 1956.

 

Il Card. Marcello Mimmi, arcivescovo di Napoli, apre il processo canonico diocesano, l’11 ​​ottobre 1956.

 

Il Card. Alfonso Castaldo, arcivescovo di Napoli, chiude il processo canonico diocesano, il 19 febbraio 1959.

 

 

 

PREGHIERA PER OTTENERE GRAZIE

PER INTERCESSIONE DI RAFFAELE MENNELLA

 

 

 

O Dio, Padre buono e misericordioso, ti ringraziamo per tutti i doni che nella tua infinita bontà ti sei compiaciuto di elargire al tuo servo Raffaele Mennella. Concedici, ti imploriamo, di imitarne le virtù e, donaci, per sua intercessione, le grazie di cui abbiamo particolarmente bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli”.

 

Cuori Santissimi di Gesù e di Maria, glorificate il vostro servo Raffaele Mennella.

 

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Dolce Cuor del mio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più.

Dolce Cuore di Maria siate la salvezza dell’anima mia.

A tutti coloro che riceveranno grazie attribuite all’intercessione del Servo di Dio, essi sono tenuti a dare informazioni su di esso a:

Missionari dei Sacri Cuori

Secondigliano (Napoli) Via Dante, 2 / b

Tel. e fax. 081/7372575

 

 

                        To the Novices,

                        to the young Apostles of the

                       Missionaries of the Sacred Hearts

                        and to all the young people

                       because Raffaele Mennella

                       with his example encourage them

                       to go forward on the way

                       that leads to the Lord.

 

RAFFAELE MENNELLA

MISSIONARY OF THE SACRED HEARTS

mennella

 

INTRODUCTION

The 15th of September 1998 recurs the Centenary of the death of Raffaele Mennella, Missionary of the Sacred Hearts.

For this occasion, I thought to propose to the attention of all, especially of the young people, some aspects of his life.

Raffaele Mennella is a young religious, died at the age of twenty-one, when he just began his studies of theology.

His life is not rich of extraordinary events, nor presents sensational characters. He is like one of us, with a distinctive note: extraordinary in the ordinary.

His only great desire is to please God.

He is attentive, thoughtful, humble, and charitable towards his neighbor.

He is obedient to his parents, engaged in his work, diligent in his study, devout in prayer, serious and modest in his behavior, observant of the Rule.

He is firm in his decisions.

He doesn’t spare himself in front of sacrifice.

He believes deeply to the ideal of the religious and priesthood vocation, as he says, before he died: “My joy is to die as martyr of the observance of the Rule”.

He is “extraordinary” for the firmness and the perseverance to do well in all things. He shows such serenity in front of death, that he might be listed among the great mystics.

He is far from us in time but his message is actual: to believe and to live for the right values.

His “little way” confirms that sanctity, a common vocation to all the baptized, doesn’t require sensational acts, but needs to take seriously the baptismal grace.

Those who meet him don’t feel uneasy, because he will be seen like us and as one of us at work, at school, in the family or in the convent, with only one particularity to be always exact, precise and irreproachable.

He did not leave any writings or autobiography, if not only the letter that was written with his own life which reveals his psychic behavior, his thoughts and his spirituality.

May in many young people grow the desire to undertake the climb of the mountain of sanctity, living the daily life according to the Commandments of God , which is the certain way to reach the summit, looking at Mennella.

What a great joy that the young people could breathe pure and fresh air from the top.

Young people such is the true Christian hope of the 2000.

The Mennella with his life suggests the ideal, that adhere to the young people:

aspire to go up always on high.

It is an ideal that was lived by him until to the heroicalness.

 

 

 

 

THE FAMILY

 

 

Raffaele Mennella was born on the 22nd of June 1877 in Torre del Greco – Naples. His parents’   names were Antonio and Annunziata Manguso. On the same date of his natal day, he was baptized in the parish church of the Holy Cross.

His father , a man of profound christian principles, was a fisherman.

His mother “is a holy woman”, who receives Holy Communion everyday, recites the Holy Rosary, and, very often, gathers her neighbors to say the prayer to Mother Mary”.

His family has a modest economic condition and his brothers’ names were Dominico, Liborio, Rosa and Giuseppe.

He nourishes love and devotion towards his parents, to whom he is very obedient.

From his childhood he frequents the elementary school with much profit.

The economic situation of his family does not give him the opportunity to continue his studies. In fact, having grown up, his parents sent him to a coral workshop, in order that he could learn the craft. As an apprentice he is very attentive and with all fervor and humility, without taking care of the bad examples of his companions. With his small gain he provides to buy books because he wants to continue to study.

Two priest-brothers of their place, Luigi and Vincenzo Maglione, offered themselves to give him free lessons in Latin, History and Italian, after the works, knowing the goodness of this boy.

He is very attentive and very docile to the teachers. He takes notes with diligence as much as he heard and he conserves it in a proper notebook. When he finds some difficulties in his studies, he prays to Mary and then he goes to the teacher for an appropriate clarifications.

Because he studies hard and because he is gifted with sharp intellect, inflexible memory, and firm will, in short, he reaches such preparation that he could sustain an examination “in literature” in some religious congregations, to be able to be admitted.

Everyday, before and after his work, he wasn’t lacking in religious celebration in the church of Carmel.

He receives Holy Communion every Sunday and serves at the Holy Mass.

His engagement and his perseverance in the fulfillment of his duty as a son, as a schoolboy and as an apprentice, attracts the attention of Monsignor Giovanni Acquaviva, rector of the church of Carmel, who admired him very much. The familiar environment helps him to grow day by day in the holy fear of God and in the Christian virtues, so there’s no astonishment when he presents to his parents to express his desire to consecrate himself to God.

The family, the first school of life, is the most suitable soil for the birth of the vocation.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                           THE CALL

 

 

Every call from the part of God is a personal story, made in different manners and in different times.

To God is well accepted either Moses or the very young Samuel and David.

Raffaele belongs to those called at the first hour.

The priest Vincenzo Maglione, who gives him lessons of latin, testifies that “since from his very young age Raffaele feels himself to be called to the priesthood” and Rev. Fr. Giacomo Falanga adds, “growing in years he always conserved the inclination to christian piety, he attended the church and become more noticeable in him the vocation to the ecclesiastical state”.

When the calling of Raffaele becomes more clear and insistent, begins the problem of choice “where” the Lord calls him to be followed. God put on the way of Raffaele one of the religious of the Missionaries of the Sacred Hearts, Fr. Luigi Torrese, who besides that he guides him in the study of the vocation, he let him know also his Institute.

The testimony and the mediation of the persons, normally, influence upon the choice to be realized. Thus Raffaele, “who went to accompany or to take to the railway Fr. Torrese, when he arrived or when he left from or for Secondigliano”, he started to become fond of the Congregation of the Missionaries of the Sacred Hearts, until he asked to be admitted.

But every vocation, has its own test. As a matter of fact, his first application for admission was rejected. Fr. Balzano, his novice master and hagiographer, explains in this way: “Maybe to be so much out of every possession or, more probably, to test better his vocation. Our young, although distressed, for the repulsion, he did not change his mind, in fact, with great fervor had recourse to prayer, knowing that everything will be obtained through prayer. Every night without fail he goes to the church of Carmel and sometimes he is alone and sometimes together with other persons, in front of the altar of the Sacred Heart of Jesus, he recites fifty “Glory be to the Father” with great devotion, that God may answer his desires”.

He presents again many times with much hope his application for admission, but punctually he receives negative response.

Therefore some doubts arise: perhaps the Lord doesn’t want me to be a missionary of the Sacred Hearts?

He prays more intensely, he asks advice and finally he turns to the Cistercian Fathers, that soon they accept his application and they set the day for his entrance into the community. But that priest whom he encountered at the beginning of his vocational journey fascinated him, so, before he left, still he attempts to the Missionaries of the Sacred Hearts of Secondigliano, who, by this time, reply positively.

 

Was a destiny? Fr. Balzano’s answer: “If one has to consider the essential character and the life of the young man and the nature of the Congregation of the Sacred Hearts, might frivolously conclude that this will be for him and that God calls him in this Congregation. His tender love to the Sacred Heart of Jesus and to the Sacred Heart of Mary, his tendency to preach, his clear standard of living lead us see that God had destined him to that Congregation, whose members, educated for a time to nourish their hearts the flame of love for the lovable Hearts of Jesus and Mary, they profess to rekindle every sort of the sacred ministry in the hearts of the neighbors”.

 

On the 10th of November 1894 Raffaele knocks at the door of the community of the Sacred Hearts in Secondigliano.

To welcome him, there was Fr. Pietro Di Nocera, who rejected his application before. When the door of the convent was closed, Raffaele understands that now begins the new chapter of his life: to climb in order to reach the goal which many times the Lord had foreseen him: to be a missionary-priest.

 

 

 

 

 

 

 

COME AND YOU WILL SEE

 

 

To go, to see, to stop are the three verbs that describe the story of a vocation.

To go. Who wants to discover must leave necessarily .

To see. To make an experience is that which precedes every important decision of life, like the engagement for marriage and the seminary or the novitiate for the priest and religious.

To stop. Is the consequence of the discovery that is made.

Raffaele Mennella, who completed the first step, makes an adventure to discover the origin of that voice, that let him hear continuously, “ Follow me”.

Since that moment when Fr. Pietro Di Nocera, a priest with a severe face, with two hearts on the chest, closed the door of the convent, he understands that the past is on his shoulder and, now, he must look forward.

He has an average height, he is rather pale on his face, and he is a nice young man. He has black eyes and with chestnut color hairs. He is modest in behavior, from his glance he shows innocence and simplicity.

He is an attentive observer of the life of the priests to learn well and at once.

The Father Master testifies: “He was very attentive to hear the explanations of the directory and of the Rule and not only he takes notes in a proper notebook to remember it well but mostly, with incredible commitment he practiced it”.

He has only one desire: to resemble more everyday to his only one and true friend, Jesus.

He doesn’t get tired to spend his hours with Him, who is present in the tabernacle.

The priest Giacomo Falanga refers: “During the forty hours of adoration he asked the permission to accomplish different hours of adoration, also at night”.

His diligence, tenacity and his being meticulous renders him an extraordinary in doing all ordinary things, as Fr. Alessandro Di Nocera testifies: “He was very attentive in the fulfillment of all his obligations and in the observance of all the regulations. Though he doesn’t show extraordinary events, he was extraordinary in the ordinary things”.

 

He accepts the advices of his Father Master, without any discussion.

Instead, without shame, he opens his heart to him, revealing to him also his thoughts, so that he can guide him well in choosing his state of life.

In the ordinary life of Raffaele, nevertheless, he always makes something beyond.

Antonino Mennella testifies: “He has the habit of sleeping on the bare ground”.

The constancy in the fulfillment of the obligation makes Raffaele a model for the young people, who very often get frightened by their daily commitments.

At the end of the novitiate year Fr. Master wrote to the Superiors: “He was very docile and obedient to every indication of the Fr. Master. He has shown himself very exact in the observance of the directory and is distinct in the obedience, in the modesty, on silence and in the recollection. He fulfilled his obligations with much diligence and with exactness that become the admiration of all”.

On the 21st of November 1895, in front of the community gathered in the church, to the Superior who asks him: “My dear son, what do you ask from God and from the Church?”

He answers without any hesitation: “The Mercy of God and the grace to serve Him more faithfully in the family of the Missionaries of the Sacred Hearts”.

 

Now, he is a religious of the Missionaries of the Sacred Hearts.

He went. He had seen. He decided to stop because there was Someone who attracts him.

 

 

 

 

 

 

TWO HEARTS ON THE TOP

 

 

“To aspire to the eminent knowledge of Jesus Christ, our Lord and of His love towards us and then to be stimulated to love again that Divine Heart, which is the center and to nourish a fervent devotion towards the Heart of Mary, who is the mother of holy Love, will be the main aim of all members of our Congregation”.

“Every member certainly has this love, when he knows God, supreme good, and Whom He Himself has sent, Jesus Christ”.

“To light the divine love in the hearts of others it is necessary that this love must burn first to his self” (cf. Cost.1834).

The rules indicate, like this, to every member of the Institute of the Missionaries of the Sacred Hearts the aim and the way to reach it.

The desires to know the Crucified, with heart ripped up, and the Mother, with   pierced heart by the sword of sorrow, push Raffaele to climb in hurry.

To climb to the “holy mountain” is not like just to go for a walk, but a climb.

Also the saint feels the tiredness and the hardness and he feels the temptation to go back, because his life is not exempted from such.

But Raffaele is one who has decided to reach until the foot of the cross at all costs.

Those two Hearts attracted him, therefore he wants “to make an effort, losing everything, including his life, to let all the people know the burning Love of the Sacred Hearts towards us and to light the heart of men with holy divine Love”(cf. Cost.1838).

To arrive as nearest as possible to know them more, to love them and to let others love them more, is his ideal.

Thus the meditation on the Love of Christ excites him more everyday, to such point that, what his Father Master testifies, he never gets tired of contemplating Him either in the Most Holy Sacrament of the Holy Eucharist: “His thought was of continuous turn to this most august Sacrament. Always when he had a leisure time he ran like a thirsty deer to this divine fountain and there he stayed kneeling down, all engrossed in the divine greatness”, either on the Cross: “often he meditated on the pains and sorrows of Our Lord”, dwelling specially upon the wound of the Heart: “In honor of the Sacred Heart of Jesus he practiced innumerable acts of respect. He always had an image on the table. He left the fruit on the table during lunch and during supper for the whole month of June. With confidence he had recourse to Him in all his needs”.

The Mother at the foot of the Cross, then, with the sad face, but full of hope inspires him “a tender and affectionate devotion”.

There’s no reason that he interrupts to do everyday the visit to Mary. During the day at the sound of the clock or of the bell he greets Her with the words “Hail Mary”.

He doesn’t begin any act without having invoked Her first.

During the work he keeps an image of Mary on the table.

In the temptations he turns with filial affection to Her and he prays to Her to assist him.

He recites everyday the Holy Rosary.

He preaches during the month of May about the glories of Mary and in the month of June that of the Sacred Heart of Jesus towards some devout persons, that they had changed one room of their house into an oratory, where many people flock to listen to him.

When he goes for a walk along the streets of Rome, passing by in some basilicas or churches, dedicated to Mary, he never miss to enter to greet Her.

To his friends and companions, who visit him during his illness, he talks to them about Mary.

In the last days of his life he did nothing else than to pray. In his room, near to his bed, on the top of the drawers, he has an image of Mary, to whom he turns continuously his glance. When he died he turned towards Mary.

Raffaele was in loved of Mary.

To know to love. Love to let love is the spirit that animates his life.

 

 

 

 

 

 

 

THE CLIMB

 

 

To undertake a climb is a heroic action. It needs to be trained. Among the mountains which Raffaele had seen was only the Vesuvio, during the year of novitiate he learned to know those climbs from the saints, “whom he read their lives and he procured to put it into practice those that he learned from them”.

In the climb, for not running the risks, it needs always a guide. Raffaele has the book of the Rules that he studies diligently, reading it one part everyday. It indicates the paths to be followed. The book of the Rules is his travel companion, the map, that at every crossroad, indicates the right direction.

And Raffaele is faithful to it.

“Since from his novitiate he memorized it and at the occasion he cited it quickly. Not only he read it, but he meditated it and arising in him some doubts around the practice of it, immediately he has recourse to the Superior to expound to him about it and then he recorded in a special notebook the explanation he received”.

“He spoke always about   the observance of the Rule and with warmth he instilled to all the faithful observance”.

He does as what he says. He observed the rules with that exactness, that much can’t be desired even by a matured man. No one, especially in the last year when he has lived in Rome, had noticed in him any inobservance of the rule”.

“In short, there was nothing in the rule of the Institute that he did not observed exactly”.

“He aimed towards perfection, that he realized certainly and precisely with the observance of the Rule”.

“It was his characteristic the scrupulous and the exact observance of the Rule”.

When the disease brings weariness to his knee, he was exhausted and he got some doubts that his illness was caused by the rigid observance of the Rule.

It is the moment of mist, that surprises those who try in the climb of the mountain. And the uncertainty that one gets when the climb becomes harder and the effort can be felt. So the weak will turn back, the courageous goes forward. Raffaele does not leave and get himself frightened. He wants to reach on the top. Afflicted in the body, but strong in the spirit, to the devil who tempted him, he answers: “ My joy is to die as a martyr of the observance of the Rule”.

So, on the top of the cross, he declares the meaning of a life that was lived for the right ideal, for which, now, he is also capable to smile in front of death.

On the bed of sorrow there’s a fight between his “ego” and the fidelity to God.

Raffaele choose God.

The obedience to the Rule is an act of faith on the part of those who had decided to follow the Master. For those who believe, to obey is synonym of to live and to disobey is equivalent of to die.

From where he derives the joy to die, although he is so young?

From his desire to be similar to Christ.

To be with Him on the cross does not procure in him pains, but joy, as what can be read in the first letter of Saint Peter: “In the measure that you share in the sufferings of Christ , rejoice” (1 Pt. 4,13).      

The bed of sorrow became his peak that, now, he is capable to feel an immense peace.

Here as Fr. Panariello, his novitiate companion, describes the last visit he did to him, while he is sick: “When I entered into the room, he was seated and when he saw me he rose up, though with difficulty, and he came to meet me. With joy in his face, he handed to me the chair and so we talked to each other. I did not notice, he led me into a field of a sublime mystic.

He had talked to me about death; that everyone should be ready, because Jesus Christ hides from us the day in which we pass away and how much necessary to become saint and that the perfection consists in doing the will of God, in all things,   prosperous and unpleasant”.

The “extraordinary” of Raffaele is the perfect observance of the Rule, until he desires to die rather than to disobey it.

“ To die as a martyr of the observance of the Rule” is the martyr of fidelity.

It is the martyr of the blood poured, drop-by-drop, everyday.

 

 

 

 

 

 

THE CLIMBER

 

 

The mountain, with its peaks, that challenge the heaven, almost seems to want to discourage those who think to dominate it.

Also the “mountain of sanctity” put inside the same sentiments. How is it true that many, at the end, they conclude saying that: “Sanctity is not made for me”.

The true climber does not let himself be frightened, but faces with courage and determination every difficulty, sure that he can make it.

Who wants to reach at the peak of the “mountain of sanctity” must equip himself, fortifying his self, first of all, a stick of confidence in God, in which every one can all do and of the armor of virtue: power of soul, moderate life, humility, temperance, constancy, character, prudence, perseverance…

All the virtues that can be admired in the climber Mennella.

The faith in God and the firm will to arrive on the top, without saving sacrifices, are his force.

And the “holy mountain” modeled him every day according to the canons of the spiritual life.

Here’s how his companions, his superiors, but most especially his Novice Master tell about such climb.

“It was nice to see him placid in his behavior and merry in his face to treat everyone with dignified and affable manners, without getting irritated”.

“He did not allow that somebody criticize at his presence. In fact, one time when a novice took the liberty to criticize a person, having understood it he immediately caught him, telling that: “ How do you know it? Mind your own business”.

One of his companions falling ill, it was almost incredible the cares that he lent. Very often he visited him, he administered to him his medicine, substituted him in the most humble service. In the worst case he woke up also during the night”.

“He never talked about bad or good preparation of the foods. He would have been contented of all that they prepared for him. If sometimes something would have been lacking he never complained about it, in fact he bears with pleasures the deprivations”.

Thanks to a continuos vigilance upon his ownself, co-operating to the divine grace, he arrived to submit the carnal man to the spiritual, regulating every effects to the light of reason and faith”.  

Behold what one of his novitiate companions and schoolmate, as well as countryman, tells, even though he did not fail of “putting him cross” with his thousands of jokes, Fr. Giulio Panariello.

“His thoughts were turned always to God and to all the things that belongs to Him”.

“He loved to pray and it was nice to see him in front of Jesus in the Blessed Sacrament, all recollected without any slightest movement”.

“Every time that I went to visit him, I returned home edified for having observed the virtues of which he was adorn”.

“Walking along the streets of Rome and in the Gregorian University, he was admired by all”.

“He was humble and meek and with admirable patience he supported the discourtesy and sometimes the insults, that was done to him by some persons lacking discretion”.

He tried to remain in the oblivion and if somebody praised him, he told them: “Mercy, if you would knew my miseries you couldn’t tell me that way”.

“He would not have been contented with a superficial study, but he wanted, for as much as he could, to know up to the bottom and he repeated very often: “If the wicked persons study hard to fight the religion, how much more we must study to defend it”.

“Disputing with his companions in some subjects, he had no pretension to be prevailed at every cost his opinion. He exposed his thoughts with placidness and always with a smile on his lips, but sometimes, also with a certain warmth, especially when he confuted the objections of his companion.

In getting excited he never took offence upon anybody, keeping always the greatest respect for the opponent”.

“He did not study for worldly aims, but only to give glory to God and in order to be useful to his neighbor one day”.

His schoolmate at the Gregorian, the Card. Luigi Maglione, Secretary of State of Pius XI and Pius XII, meeting the Missionaries of the Sacred Hearts he couldn’t do less than to express his marvel for the edifying conduct of Mennella.

The priest Dilverio Santomartino attests: “He followed in a strongest way the common trend. I remember that he was very lean-to ascetic and when he entered into the argument, it was in an extraordinary eloquent manner”.

Mr. Apreda, his childhood’s companion, hand down the beginning of that climb. “Every Sunday he went to visit the sick persons in the hospital, lending them a hand in every way that he can be useful. With great love he served them also in those things, which his human nature find more disgust. He instructed them the things of Religion; he recited with them the holy Rosary and he comforted them with holy maxims to support patiently the sickness and he gave them some gifts of fresh fruit, biscuits and others, that he bought with his savings”.

“He was an example to all the local youth, undressed as what he was of every malice and he was adorn only of the innocence. In the midst of many temptations and bad examples his innocence remained intact”.

The priest Alessandro Di Nocera, who very often was the minister of their eucharistic celebration, enriches the chronicle like this: “Every day a novice in turn assisted me at Mass. All were modest, exact, engrossed, but the Mennella had a special attitude, that I could define seraphic. I thought that I gave the Communion to an angel. That which strike me most was his angelic purity, that showed from his attitude of great modesty, when he went out to go for a walk with his co-brothers”.

Among his admirers there is also Fr. Pietro Di Nocera, superior general, who writes to the Fr. Rector of the house of Rome: “You engage yourself to let Mennella succeed in his studies, I will be longing to see him priest”. At the news of his illness he shows his great sorrow: “This is the second time that the student Mennella is being molested by emoptysis and I believe that he needs a radical care, therefore I beg you to mind him, otherwise I fear that we lose him; that God may not permit it”.

And in the successive letter: “I could not see anymore one’s way ahead neither I could hold back the tears: I did suspend the school in order to pray”.

The “holy mountain” puts suggestion, but, now, seeing that young climber to clamber up for the impassible and bristly paths, we must believe that nothing is impossible to those who trust in God. May be, he did not think that, as he arrived on the Calvary, the Lord asks him to climb on the cross.    

 

 

 

 

 

 

THE END

 

 

It was the 3rd day of June of 1898.

A sultry afternoon, one of the many roman summers. Raffaele, holding the handkerchief on his mouth, knocked at the door of his Fr. Superior. Upon the order to let him enter, he greeted politely and has shown the handkerchief soaked with blood, saying: “Father, I informed you just to let you know and not for any other reason”.

The superior grew pale in face, scarcely succeeding to tell some comforting words. When the doctor has rushed in, he gave the terrible sentence: pulmonary tuberculosis. Then overcoming himself, said to the sick person: “ My son, your sickness is serious, if the Lord had wanted you in heaven, would you be pleased of it?”

It was the announcement that the end is near. With a smile on the lips, he replied: “Here I am! I’m very ready to do in all and for all the divine will”.

With the same serenity of spirit he informed the parents about his sickness: “Dear parents, I find myself seriously ill, it is necessary to conform in all and for all to the most holy and most divine will of God”.

On the altar of the sacrifice, the meek lamb, does not move around restlessly, does not moan, does not protest, instead, peace that shines through his face, becomes a motive of admiration for all those who visit him in those days.

Here’s the comment of some doctors who treat him in those days: “He is really an angel”.

“It is a long time that I’m working as a doctor and until now I did not yet see a sick person who is in serious state who remain cheerful and joyful. Another person with that illness that he suffered, should be dead already for the fear, but still he resists, because he couldn’t take it. He is lucky! He is really a saint”.

How many times he had pronounced his “here I am”, but now, that he’s in front of the specter of death, he doesn’t have only a moment of hesitation to repeat still: “here I am”. And he tells it smiling, like a champion runner who cuts the end.

Mrs. Giovanna Milanesi refers to have heard from such Raffaele Scarfoglieri: “He was in a small room at a small village of Annunziata and he kept always his eyes low, he has a smiling face and he often raised his glance to heaven, smiling lips, without proffering some words of discouragement”.

His sickness does not lose him patience.

One day when his parents, having searched in vain most salubrious lodgings, they received only refusals, he encouraged them in this way: “Never mind, the Lord will think for us, who thinks also for the small birds”.

To be a terminal sick person does not render him demanding.

He was visited by many people, priests and lay persons, he exclaimed: “Oh! Why is it that you showed so much kindness to me, a poor friar?”

Much that to be consoled, he thinks to give comfort to those who regret for his sickness, they highly considered, also, of his young age: “Everyone is obliged to get ready, because Jesus Christ hides from us the day in which we pass away. Perfection consists in doing the will of God in all things, prosperous and unpleasant”.

During his illness, his sister-in-law relates, that “one day it was a fine sunny morning, he would have wanted to get up from his bed and he sat on an arm-chair and he would have wanted my two children beside him… and while I combed his hair, I told him: “I see that you feel better, you would be happy to recover yourself?” He reproached me gently, bringing the finger to the lips: “Keep quiet, do not repeat it, today I am ready and I save myself, tomorrow I don’t know”.

The time has come, fully aware of what would happen, he never despaired, he greet his companion in this way: “Who knows, may be, we will not see each other again; we will do whatever God wants”.

It was the 15th day of September 1898, feast of Our Lady of Sorrows.

At nine thirty in the morning, the priest arrives for the confession. The parish priest of the church of Holy Cross, in procession, followed by many people, brought to him the Communion and after giving him the Communion he exclaims: “Raffaele, when you will be in paradise, please pray for me”.

After the holy rites he recollects his thoughts in a profound conversation with his God, advanced, by now, of that eternal. As he recovers his senses from his recollection, a young friend recommend to him: “Mennella, if the Lord will call you in heaven, do not forget me and, especially, of your superior, of your co-brothers and of your family”, he answers: “What do you say? forgetting me of my superiors, of my co-brothers and of all those who had done good things? It will never happen”.

It is one and thirty in the afternoon.

They all went away.

Raffaele is alone with the mother.

They kept on looking themselves intensely.

His mother made a sign of some tears.

So, he turned slightly on his right side, towards the image of Mary.

He has cut the end.

He spent twenty-one, three months and five days.

His mother looks at his dead son, dressed of the religious habit, without weeping. Somebody, got wondered, asks her: “How come that you lost this treasure son and you are not weeping?”. And she replies to her; “ How can I cry, if my son is in Paradise already !”

The crowd of people, who visit his corpse, entering inside the room, observe an intense scent of rose flowers and they notice a fresh and smiling face.

The following morning, when his relatives entered in the room, where the corpse was lying, his sister-in-law relates, a great scent of flowers welcomed us. We were not in an ardent room, but in a greenhouse of flowers”.

During his funeral there is a true stream of people of every social condition. From the balconies, from the windows, from the terraces, from the streets, while the wagon passes by under the rain of confetti and of flowers, it can be heard the mourning and voices which repeat: “ A saint is dead! We recommend to his prayers”.

 

 

 

 

 

 

THE PROCESS AT THE STAGE

 

 

In the life of Raffaele Mennella it can’t be noticed an admirer crowd, that goes and tells. He did his climb, passing from the walls of a coral workshop to those of a convent, and yet, when he cuts the end, not a few voices which exalt his virtues: constancy, kindness, fidelity, commitment, humility, charity, faith…, which tell “ he is a saint”.

 

Fr. Pietro Di Nocera, in giving the information of the death to the various communities of the Congregation, writes: “Yesterday I knew of the death of the student Mennella. He died as what he had lived, as a true servant of God, and if from one part the nature demands the sorrow for the lose of such a good subject, from the other part we must comfort ourselves, knowing almost certain that we have in heaven a soul that will pray to the Sacred Heart of Jesus for us and for the Congregation”.

Fr. Gaetano Pezzella, talking to the young religious about Raffaele Mennella, says: “Raffaele Mennella had a stuff of the saints and he was really a saint”.

When his corpse was transferred from the cemetery of Torre di Greco to that of Secondigliano, he appeared from the balcony, because it was impossible for him to go down, he exclaimed: “He was really a saint!”.

The people, that hasten to his deathbed, instead of praying for him, they entrust to his intercession saying: “Blessed is he! He was really a saint! Pray for us”.

Fr. Luigi Balsano, his Novice Master declares: “He was esteemed and was loved by all, that they considered him in concept of young saint. He passed away among us like a vision of paradise, leaving behind of his self a gentle fragrance of every kind of virtue. We must thank the Lord, that He wanted to give us Raffaele Mennella, who can be rightly proposed a model, as to the youth in general, yet still in a special way to the young religious”.

Since from death, but also in life, at Torre del. Greco and at Secondigliano all consider him in a great concept for his virtues, they esteem him “saint”.

And today that his body rests in the church, dedicated to our Lady of Sorrows, beside that of the Founder, the Venerable Gaetano Errico, at Secondigliano there’s a continuous pilgrimage of persons to his tomb, to entrust uopon him, as towards a “saint”.

And we hope that one day the Church, recognizing the heroicity of his virtues, will declare him “saint”.

                  

HAGIOGRAPHIC DATE

 

 

RAFFAELE MENNELLA

 

Born in Torre del Greco (Naples) on the 22nd of June 1877 from Antonio and Manguso Annunziata.

 

He was baptized on the same date in his Parish Church of the Holy Cross.

 

He entered in the Congregation of the Missionaries of the Sacred Hearts on the 10th of November 1894.

 

He dressed the religious habit on the 18th of November 1894.

 

He took the first religious profession on the 21st of November 1895.

 

He received Tonsure and Minor Orders in Naples from Mons. Taglialatela the on the 13th of September 1896.

 

He was transferred to the house of Rome for Universities studies in Gregoriana on the 24th of September 1897.

 

He got sick of pulmonary phthisis on the 3rd of July 1898.

 

He returned to Torre di Greco to take care of his self on the 2nd of August 1898.

 

He died in Torre di Greco on the 15th of September 1898.

 

His corpse was transferred from cemetery of Torre di Greco to the cemetery of Secondigliano on the 15th of January 1956.

 

The Card. Marcello Mimmi, archbishop of Naples, opened the Diocesan Canonical process on the 11th of October 1956.

 

The Card. Alfonso Castaldo, archbishop of Naples, closed the Diocesan Canonical process on the 19th of February 1959.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRAYER TO OBTAIN GRACES

THROUGH THE INTERCESSION OF

RAFFAELE MENNELLA

 

 

 

O God, we thank you for all the gifts which, in your infinite goodness, you have deign to lavish your servant Raffaele Mennella.

 

Grant us, we implore you, to imitate him in his virtues and, give us, through his intercession, those graces of which we particularly need.

 

Sacred Hearts of Jesus and Mary, may you glorify your Servant Raffaele Mennella.

 

 

 

 

 

 

To all those who will receive graces attributed to the intercession of the Servant of God, they are requested to give information about it to:

 

Missionaries of the Sacred Hearts

Secondigliano (Naples) Via Dante, 2/b

Tel. and Fax no. 081/7372575

 

 

 

Supplement Herald of the Sacred Hearts

with permission of the Superiors