«Che bene posso fare io mai?»:
Gaetano Errico (1791-1860), apostolo della misericordia
di Angelo Giuseppe Dibisceglia*
Introduzione
Quando il 19 ottobre 1791,[1] a Secondigliano – quartiere a nord della periferia di Napoli – nacque Gaetano Errico, l’Europa e la penisola italiana con il suo Mezzogiorno registravano i prodromi della rivoluzione che, scoppiata in Francia nel 1789, avrebbe segnato nel “vecchio continente” la definitiva affermazione dell’Illuminismo, decretando la conclusione dell’età moderna e l’inizio della contemporaneità. Quell’evento – sintomo di un’Europa assetata in ambito sociale, politico ed economico di modernizzazione – in un solo decennio – dal 1789 al 1799 – favorì il passaggio per la Francia dall’ancien regime alla repubblica e la realizzazione per la Chiesa di un “illuminato” – e quindi difficile – contesto ecclesiale.
La fine dell’Assolutismo – che aveva perpetuato, come avveniva da secoli, il regime della cristianità – determinò lo sgretolamento del “binomio univoco” fra trono e altare, concretizzatosi in ambito ecclesiale con la diffusione della laicità e la corrispondente secolarizzazione. Nasceva la libertà religiosa e – con essa – l’equiparazione tra verità e menzogna: da quel momento, la fede cattolica e le altre confessioni furono considerate – per l’autorità civile – equidistanti. Alla religione di Stato, gli effetti della Rivoluzione Francese sostituivano la riduzione degli spazi gestiti – per storia, per tradizione, per consuetudine – dal cattolicesimo: la consacrazione religiosa della vita pubblica; la coincidenza tra morale religiosa e morale civile; l’educazione delle giovani generazioni; l’istituto del matrimonio; la struttura della famiglia. Lo Stato si scrollava di dosso la legittimazione della Chiesa – considerata quasi fondante – perché con l’avvento dell’età contemporanea, a legittimarlo, bastava soltanto il consenso.[2]
Nel Mezzogiorno, l’abolizione del feudalesimo nel 1804 e l’editto di Saint-Cloud nel 1806 sancirono non soltanto la definitiva affermazione di Napoleone, ma anticiparono – anche – la soppressione degli ordini religiosi maschili e femminili (1806-1815)[3] che, a partire dalle conclusioni del Concilio di Trento (1545-1563), avevano costituito, nella quotidianità della popolazione, un ineludibile punto di riferimento nel perpetuare la devotio moderna e nel promuovere un inedito indirizzo sociale ed economico. La decisione – gestita a Napoli da Gioacchino Murat e Giuseppe Napoleone – rappresentò – seppure per ragioni diverse – la conferma della definitiva affermazione della politica anticlericale di matrice illuministica – che aveva considerato i religiosi un vero “peso” sociale – avviata nel 1773 con la soppressione della Compagnia di Gesù.[4]
Nel contesto della Restaurazione, disegnata con il Congresso di Vienna (1814-1815), la funzione del cattolicesimo assunse – in Europa come nella penisola italiana – un duplice orientamento. Da una parte, l’intransigentismo non considerò più bastevole, nei confronti delle “rivoluzionarie” novità, la tradizionale accondiscendenza e l’arrendevole remissività della Chiesa, ma ritenne importante assumere il ruolo di «soldati» – scrisse Pio IX (1846-1878) – per combattere e, possibilmente, vincere «le battaglie del Signore»,[5] difendendo tra le pagine de La Civiltà Cattolica, attraverso il carattere militante della fede, l’antica unità fra società civile e società religiosa.[6] Dall’altra, il cattolicesimo liberale – con Vincenzo Gioberti, autore Del Primato morale e civile degli italiani,[7] e Antonio Rosmini e il suo Delle cinque piaghe della Santa Chiesa[8] – mirò invece – seppure in una condizione minoritaria rispetto all’intransigentismo per gran parte del XIX secolo – all’incontro stimolante della fede tradizionale con il “nuovo” clima determinato dagli effetti rivoluzionari, reclamando la fecondità di un concetto di libertà in grado di sostituirsi all’ormai obsoleto privilegio di chiaro sapore assolutistico.
L’evidente contrapposizione tra i due poteri – monarchico ed ecclesiale – fu espressa, sul territorio italiano, dalla politica cavouriana guidata dal principio di una «libera Chiesa in libero Stato»[9] che, il 17 marzo 1861, proclamò Vittorio Emanuele II primo sovrano del neonato Regno d’Italia. Gaetano Errico era morto – appena cinque mesi prima – il 29 ottobre 1860.[10]
Studiare, quindi, la figura dell’Errico e analizzare la sua testimonianza significherà incontrarsi – e, spesso, anche scontrarsi – con alcuni dei più importanti capitoli di storia – e non solo di Storia della Chiesa – che caratterizzarono prima il difficile – in quanto articolato – rapporto che, nel Mezzogiorno, chiudendo l’età moderna, inaugurò la contemporaneità, e successivamente la eco degli eventi e degli avvenimenti che, durante la prima metà del XIX secolo, segnarono – anche nel Regno delle Due Sicilie – le fasi del Risorgimento. Richiamare le “proprietà” del suo tempo permetterà – allora – di approfondire i problemi della sua epoca e le attese dei suoi contemporanei, allo scopo di individuarne l’efficacia delle risposte fornite – a quei problemi e a quelle attese – dall’Errico.
Dall’intra all’extra
Se durante la seconda metà del XVIII secolo il magistero pontificio aveva confezionato l’immagine di un clero – «è necessario che il futuro sacerdote si segnali per santità e dottrina» aveva affermato Pio VI (1775-1799) – capace di affrontare le novità proposte dalla illuminata filosofia definita «piena d’inganni»,[11] l’Ottocento richiese di curare – in forma solida – la preparazione morale e culturale dei futuri presbiteri:
i giovani Chierici – ammonì papa Mastai Ferretti – fin dai teneri anni siano correttamente ammaestrati nella pietà, nella solida virtù, nelle lettere e nelle più severe discipline, soprattutto nelle sacre.[12]
Inoltre, se era stato un tratto tipico della cultura assolutista considerare quello del sacerdote un ruolo ad intra – interno allo stretto vincolo esistente tra Chiesa e monarchia perché il presbitero, nella maggior parte dei casi, risultasse funzionale a un ruolo[13] – dalla Rivoluzione Francese e dalle sue conseguenze, ragioni diverse motivarono una rilettura dell’ufficio presbiterale. Non più soltanto un clero sinonimo di una “casta” separata dal popolo, bensì – anche – la proiezione di quello stesso clero verso una presenza ad extra, in grado di costruire con la società una relazione di più ampia incisività e di più intimo rapporto.[14] Per ottenere risultati “nuovi” occorreva – quindi – valorizzare i segni distintivi del ruolo presbiterale attraverso l’individuazione di un’adeguata qualifica in grado di distinguere e separare la figura dell’homo Dei da altri protagonisti sociali.[15]
Nel restituire al clero ciò che Maurilio Guasco ha definito il «gusto del servizio pastorale»,[16] il sacramento della riconciliazione rappresentò – all’interno di un’ampia raccolta metodologica – uno degli “strumenti” in grado di permettere al presbitero di svolgere adeguatamente la sua missione – tra l’intra e l’extra – abbandonando le tradizionali sicurezze determinate da una pastorale svolta esclusivamente tra i banchi delle chiese per diventare protagonista – quasi profeta di una Chiesa sulla «via dell’uscita»[17] – di una testimonianza vissuta nella quotidianità. Un aspetto – quest’ultimo – non sfuggito a papa Benedetto XVI (2005-2013) che, in occasione della canonizzazione di Gaetano Errico – il 12 ottobre 2008 – durante l’omelia affermò: al ministero della riconciliazione,
il sacerdote Gaetano Errico […] si è dedicato con diligenza, assiduità e pazienza, senza mai rifiutarsi né risparmiarsi. Egli si inscrive così tra le figure straordinarie di presbiteri che, instancabili, hanno fatto del confessionale il luogo per dispensare la misericordia di Dio, aiutando gli uomini a ritrovare sé stessi, a lottare contro il peccato e a progredire nel cammino della vita spirituale. La strada e il confessionale furono i luoghi privilegiati dell’azione pastorale di questo nuovo santo.[18]
Il concetto di misericordia – infatti – fu uno degli aspetti maggiormente dibattuti in età moderna. Volutamente lasciato insoluto dal Tridentino, il “problema” della grazia – sul quale Martin Lutero (1483-1546) e Giovanni Calvino (1509-1564), nei primi decenni del XVI secolo, avevano costruito l’impalcatura della riforma protestante – fu affrontato, oltre che da gesuiti e domenicani, tra le pagine dell’Augustinus (1640) dal vescovo di Ypres, Cornelio Giansenio (1636-1638), il quale nel trasformare il Dio dell’amore nel Dio del timore, considerò il sacramento eucaristico non più il rimedio per i peccatori bensì il premio per pochi eletti: analisi e posizioni – quelle gianseniste – che riscossero enorme successo, se si considera che il filosofo Blaise Pascal, nel 1657, redasse le sue Provinciali a difesa di Port Royal, che – del giansenismo – fu la culla della spiritualità. Condannato nel 1713 dalla costituzione apostolica, in forma di bolla papale, Unigenitus di papa Clemente XI (1700-1721) a causa del suo rigido rigorismo e del suo accento anticuriale,[19] il giansenismo continuò a rappresentare un movimento – teologico, religioso e politico – in grado di ravvivare il senso del mistero, promuovendo una pietà severa, fredda e quasi impersonale, più adatta agli intellettuali che al popolo, nonostante l’indirizzo ecclesiale – sull’onda della devozione barocca dal chiaro sapore della tridentinità – mirasse a un senso e a una gestione del sacro più umana e popolare. In quel clima di forte contrapposizione – gli antigiansenisti per eccellenza, con i domenicani, furono i membri della Compagnia di Gesù – l’Errico, nella sua vocazione alla misericordia, sintetizzò il suo essere sacerdote prima e fondatore dopo. Di lui, infatti, è stato affermato che:
quella paziente assiduità del Tribunale di penitenza sino alla più tarda ora del giorno, senza usare mai parzialità con chiecchessia, trattando tutti con la medesima carità ricchi e poveri, uomini e donne, buoni e cattivi, ed incoraggiando tutti a confidare nella divina Clemenza sempre pronta ad accogliere le anime fuorviate.[20]
Cenni biografici
Nato nel 1791 a Secondigliano da Pasquale – «maccarunaro» – e Maria Marseglia – principale fonte familiare dell’educazione alla fede a conferma di un protagonismo femminile dedito non solo alla cura del corpo ma anche alla disciplina dell’anima – sposi da tre anni, e inserito in un ambiente domestico che contava cinque fratelli e tre sorelle,[21] nel 1807 – appena sedicenne – Gaetano Errico chiese di essere ammesso tra le fila dell’ordine dei frati cappuccini, ma «perché i padri non mi ritrovarono capace – fu lui stesso a raccontarlo – per tale stato non mi ammisero».[22] L’anno successivo fu avviato agli esercizi spirituali per la vestizione dell’abito talare nella Casa dei Preti della Missione di Napoli ai Vergini, premessa indispensabile per l’ingresso tra le fila del clero della diocesi partenopea. Chi lo conobbe – del giovane Errico – affermò:
Eccolo infatti acuto in Filosofia, dotto in Matematica, perito in Fisica, profondo in Teologia, versatissimo nelle sacre Scritture, e nella venerata Tradizione de’ Padri, […] fu eletto per Assistente de’ circoli, che sopra materie Filosofiche e Teologiche si teneano nell’Arcivescovile Liceo; incarico che suole sempre affidarsi a giovani di svegliato ingegno.[23]
Fu presbitero dal 23 settembre 1815 per le mani del cardinale Luigi Ruffo Scilla (1802-1832), pastore dell’arcidiocesi di Napoli.[24] Riportano i documenti che, all’età di 26 anni, sostenne l’esame per ottenere l’abilitazione ad ascoltare le confessioni, il cui esito decretò – a firma dell’Arcivescovo – l’approvazione «per la Città e Diocesi e per l’uno e l’altro sesso».[25] Nel 1816 fu nominato sostituto Maestro delle Scuole Primarie maschili di Secondigliano, mentre dopo circa dieci anni – nel 1826 – insieme al «Parroco e Rettore della Chiesa dei SS. Cosma e Damiano del Casale di Secondigliano» Michelangelo Maria Vitagliano,[26] inoltrò domanda per la costruzione – non facile a causa di numerosi ostacoli e non facili vicende[27] – di una nuova chiesa che, avviata l’anno successivo, fu dedicata e intitolata alla Vergine Addolorata nel 1830,[28] «per farla congregazione di Spirito – riportano i documenti – e Cappella serotina pel bene della Gioventù».[29]
L’auspicio iniziale si ampliò negli anni successivi e il 15 dicembre 1831, don Vitagliano e don Errico rivolsero al re Ferdinando II
un’altra grazia, ed è quella di convivere insieme con altri sacerdoti, che vorranno associarsi ad essi per dar principio alla loro missione, come sperano voluta dal Cielo, sotto il titolo e protezzione dei SS. Cuori di Gesù e di Maria, a quale Missione annuisca, consenta, e presti il suo consenso benanche il Cardinale Arcivescovo zelantissimo Pastore della Chiesa Metropolitana di Napoli.[30]
La nuova fondazione, che costituì la realizzazione di una ispirazione divina – «Nell’ottobre dell’anno 1824, mentre egli di notte tempo trattenevasi ad orare nel Coro del Collegio de’ Reverendi Padri Liguorini in Nocera de’ Pagani […] Iddio gli fece conoscere non una ma più volte, che voleva da lui la fondazione di un Istituto di Sacerdoti Missionarî»[31] – fu riconosciuta da papa Gregorio XVI (1831-1846) il 9 giugno 1838. Il 15 settembre 1846 fu firmato il breve apostolico che approvava, insieme alla Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori, le regole entrate in vigore – per l’ancora perdurante giurisdizionalismo – solo dopo il regio exequatur, rilasciato dall’autorità monarchica l’11 maggio 1848. Gaetano Errico morì nel 1860 all’età di 69 anni.[32]
Sono molteplici i titoli che, fra le pagine delle diverse biografie dedicate all’Errico, hanno cercato – nel tempo – di individuare – focalizzandola – l’identità precipua – l’essenza – della sua azione pastorale, concordando e convergendo quasi unanimemente su quella che fu l’efficace attitudine di padre Gaetano nel trasmettere il proprio carisma ai membri di una nuova comunità: non è mancato chi ha approfondito la tipologia del «fondatore»[33] e chi, ponendosi in sintonia, ha – all’interno della nuova istituzione e non solo – evidenziato il suo essere, quasi per antonomasia, il «superiore»,[34] considerandolo – opportunamente e obiettivamente – «profeta dei tempi nuovi».[35] L’analisi della documentazione – però – suggerisce e ispira anche una lettura diversa della sua figura, quando ci si lascia guidare dalla domanda che chiede come riempire di significato – ma soprattutto di testimonianza – l’immagine che fa di Gaetano Errico un apostolo della misericordia?
L’apostolo
La sintesi di queste riflessioni – anche nel caso di Gaetano Errico – conferma il consolidato assioma storiografico secondo il quale la nascita di una nuova congregazione religiosa non rappresenta soltanto l’inizio di una inedita esperienza di gruppo – il termine ultimo di un cammino personale che fa del carisma del singolo l’emblema di una comunità – ma, anche e soprattutto, uno dei sintomi in grado di rivelare la vitalità, il fervore, l’effervescenza della società.[36] Nel caso di Gaetano Errico fu il cardinale Filippo Caracciolo (1833-1844), arcivescovo di Napoli, a scrivere il 18 luglio 1835:
La regola di una Congregazione ecclesiastica è il prodotto di quanto coll’esperienza si è operato di poter essere utile e condiscendente al fine dell’Istituto.[37]
Se è un dato ormai assodato la considerazione che individua l’evolversi della vita consacrata nei mutamenti della collettività, studiare le trasformazioni che hanno caratterizzato il carisma religioso significherà – quindi – analizzare i cambiamenti della società. Secondo tale prospettiva interpretativa, è esaustivo considerare Gaetano Errico soltanto come colui che, nella prima metà dell’Ottocento, nel Mezzogiorno – in quel Mezzogiorno lanciato verso il “piemontesismo”[38] e legato a forme devozionali ritenute obsolete e stantie – si fece promotore e testimone della diffusione per il culto in onore della Beata Vergine Addolorata prima e dei Sacri Cuori di Gesù e Maria dopo – culti che nella loro carnalità si rivelarono utili ad avvicinare il cielo alla terra – in un momento storico durante il quale il giansenismo, nella rigidità del suo dogmatismo – allontanando il cielo dalla terra – negava l’efficacia di quelle stesse forme devozionali? Sintomatico, per illustrare quanto fosse “intima” la relazione tra l’aldiquà e l’aldilà in Gaetano Errico, il contenuto di una lettera indirizzata dallo stesso il 5 novembre 1859 – ormai nell’età matura – a suor Maria Vincenza Melilla, sua figlia spirituale:
Dite alla signora suora M. Giuseppa Ranaldi che il Signore l’ha fatta cadere ammalata per curare la malattia dell’anima; che s’impegni a cavarne assai profitto.[39]
Oppure Gaetano Errico, con la fondazione della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori mirò anche – in una realtà minacciata dal laicismo e dalla secolarizzazione – alla diffusione di un senso di appartenenza ecclesiale che, superando il tradizionale “stare” in Chiesa – alla scuola della missione misericordiosa, quindi tra le strade della sua contemporaneità – fosse in grado di esprimere la responsabilità dell’“essere” Chiesa? Al proposito, fa pensare la domanda che l’Errico rivolse a sé stesso: «Che bene posso fare io mai?».[40] Così come altrettanto densa di riflessione si rivela la concezione che lo stesso ebbe della sua missione pregna di misericordia:
Adunque allegramente o peccatori, adunque allegramente voi tutti, che avete perduta la stola dell’innocenza ricorrete ai piedi di Dio che riceverete sicuramente il perdono mediante il prezzo del preziosissimo sangue di Gesù Cristo per il ministerio dei Sacerdoti.[41]
Quella convinzione, trasmessa all’interno della sua nuova famiglia religiosa, divenne un programma di vita teso – come si legge in una lettera dell’8 febbraio 1834 a firma dei primi tre «ritirati […] Gaetano Errico di Gesù e di Maria, […] Vincenzo della Gala […], Giustino Marino» – a «promuovere sempre più la gloria di Dio, e la salvezza delle anime».[42] L’intento di spargere misericordia attraverso le missioni fu immediatamente saggiato e, nel 1834, don Vitagliano segnalò alle competenti autorità diocesane che
nella sua Parrocchia si trovano molti disordini, a cui il supplicante non ha potuto riparare finora, e dispera di ripararvi in appresso senza la scossa d’una forte, e fervorosa Missione. […] desidera che i PP. di detta Missione siano i sottoscritti Sacerdoti noti benissimo e per la scienza, e per lo zelo, e per la santità della vita […]. Spera il supplicante, che l’Em.za V.a, a cui è troppo cara la salute delle sue pecorelle, voglia benignamente ammettere la sua preghiera, ed esaudire i suoi voti; tanto più, che dalla detta Parrocchia la Missione vi manca da circa 13 anni, non avendo potuto ottenerla finora, quindi ottenendola adesso dall’Em.za Vostra, il Supplicante l’avrà a grazia singolare.
I padri desiderati furono i «Sacerdoti riuniti dal Rev.do D. Gaetano Errico. Della diocesi di Napoli».[43] L’arcivescovo approvò e, secondo il giudizio di un testimone oculare – il notaio Cosma Miranda, in quegli anni sindaco di Secondigliano – la missione registrò
tanto buon successo che le altre persone facinorose depositarono nelle sue [dell’Errico – nda] mani armi vietate di ogni sorta da empirne due sporte e le giovanette si tagliarono i capelli per addirsi a vita divota.[44]
Il missionario
Con l’Errico – ma anche con il napoletano, a lui quasi contemporaneo, Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), fondatore nel 1749 della Congregazione del Santissimo Redentore[45] – il concetto di missione diventava – accanto all’azione formativa – quel tempo eccezionale durante il quale celebrare la misericordia di Dio. La predicazione che, grazie al protagonismo delle famiglie religiose, nelle città si svolgeva solenne anche per l’assenza di altri diversivi, se nel Cinquecento aveva tutelato le verità fondamentali del cristianesimo dalla riforma protestante e nel Seicento aveva illustrato le diverse sfaccettature della severità di Dio, nel Settecento si pose a difesa della fede dagli attacchi dell’Illuminismo e delle sue laicali conseguenze – «l’impero dell’Inferno» secondo l’Errico – coinvolgendo in un abbraccio misericordioso ogni membro della comunità:
L’Oratore Umilissimo Gaetano Errico Istitutore della Congregazione dei SS.mi Cuori di Gesù e di Maria eretta in Secondigliano Diocesi di Napoli per viè maggiormente dilatare, e più facilmente accendere l’amor di Dio nel cuore dei Fedeli, e richiamare gl’Increduli nel seno della S. Madre Chiesa prega Vostra Santità di accordare alla sua Congregazione la Comunicazione con le altre Congregazioni di Missionari, cioè quelle di S. Vincenzo di Paoli, di S. Alfonso de’ Liguori, dei Pii Operarj, dei Passionisti ecc. acciocché i suoi forniti di tutte le armi per distruggere l’impero dell’Inferno, ed i popoli animati per ritrovare pronto rimedio ai loro mali a mille, a mille umiliati, e contriti cadono ai piedi del Crocifisso Signore, e Vostra Santità, come Padre benemerentissimo, che ha gettato le fondamenta della nominata Congregazione coll’averla approvata, sia ancora quel vivo Fabro che consacrandola nella partecipazione di tutte le grazie, e benefici, che godono i riferiti Missionari, erge con gloria le mura per la difesa della Casa del Signore.[46]
Grazie anche al contributo di figure come Gaetano Errico – in sintonia, in tale ambito, con i gesuiti, i cappuccini, i lazzaristi, i passionisti e i redentoristi – mutava il concetto di missione:[47] il passaggio dall’età moderna all’età contemporanea evidenziò l’esistenza di una “vocazione” missionaria non più esclusivamente legata alle nuove terre scoperte – come era avvenuto in seguito al Tridentino – ma la laicità e la secolarizzazione diffusesi in conseguenza della Rivoluzione Francese motivarono un inedito – ma altrettanto necessario – impegno missionario anche all’interno dei territori dell’antica respublica christiana, storicamente legati al cattolicesimo:
- Gaetano Errico della Diocesi di Napoli ha esposto di aver fin dall’anno 1833 istituito un collegio, o sia Congregazione di Ecclesiastici sotto gli auspici o titolo de’ SS. Cuori di Gesù e Maria, astretti a voti semplici, per istruire i fanciulli nei primi rudimenti della fede, ed il Catechismo, e particolarmente nelle missioni anche presso gli Infedeli.[48]
Al tradizionale concetto di missione – durante quella fase – si affiancava un innovativo concetto di apostolato che, tra aspetti penitenziali tipici dei gesuiti e catechetici caratteristici dei lazzaristi, nelle sue diverse espressioni eclettiche che animarono francescani e redentoristi, affiancato da una buona confessione – nota l’opera di Alfonso de’ Liguori Pratica del Confessore per ben esercitare il suo Ministero scritta nel 1771[49] – mirò a combattere una società – quella del Mezzogiorno come quella europea – quasi improvvisamente rivelatasi meno cristiana e caratterizzata da grande ignoranza nelle res ecclesiae. A questo proposito, un biografo dell’Errico ha evidenziato che:
Al ministero della parola aggiunse […] quello ancora più efficace e fecondo della confessione. Sebbene per naturale sua inclinazione tendesse piuttosto al rigido e al severo, pure, come fanno i santi, tenne per sé tutta l’austerità, e per i penitenti, massime se peccatori, ebbe sempre, come il Buon Pastore, viscere di misericordia, li abbracciava e covriva con suo mantello. Era verso loro arrendevole sin dove gliel consentiva la coscienza, tenendo in ciò come guida e maestro il suo caro S. Alfonso prima ancora che dalla Chiesa fosse dichiarato santo [1839 – nda]. Aveva poi un dono speciale per commuovere chiunque gli si prostrasse ai piedi; fosse pure il più rozzo ed idiota, il più indurito nel peccato, il più infangato nel vizio con poche, ma affettuose parole, ne rammolliva il cuore; né lasciava che alcuno si partisse da Lui senza essersi prima riconciliato con Dio. E il Signore in questo ministero, esercitato dal suo servo con tanto disinteresse e sacrificio, volle glorificarlo concedendogli non solo il dono di compungere i cuori, ma anche quello di leggere chiaramente nell’animo dei penitenti, e di rassenerare le coscienze più inquiete. Con un segno solo di croce che faceva sulla fronte, con una sola parolina calmava subito le ansie delle anime, che in avvenire non erano più turbate da alcuna molestia. Laonde la sua opera di conciliazione era di continuo ricercata non solo dal volgo, ma anche da persone costituite in dignità ecclesiastiche e civili; tanto nella sua patria quanto fuori di essa, non che da molti monasteri ed educandati di Napoli e paesi circonvicini. Il zelante sacerdote a nessuno la ricusava, e per contentar tutti non curava né cibo, né riposo; solo si lamentava del tempo che non gli permetteva di contentar tutti.[50]
Santi come Gaetano Errico e Alfonso Maria de’ Liguori – quando studiati e approfonditi in una prospettiva autenticamente obiettiva e, quindi, scevra da ogni interpretazione sentimentalistica – si rivelano possibili chiavi di lettura – comunque da approfondire – in grado di permettere di “liberare” le Chiese meridionali dai presunti “ritardi” di matrice ecclesiale – rispetto alla romanità – perduranti ancora nell’Ottocento e quasi assiduamente riecheggianti fra le pagine di certa recente storiografia: l’analisi di quella che fu la loro “fantasia” pastorale potrebbe, infatti, rivelarsi un ulteriore e inedito approccio capace di reinterpretare – accorciandola – la tradizionale distanza della Chiesa del Mezzogiorno nei confronti di una prassi religiosa aperta alle novità. Una modernità – quella di Gaetano come quella di Alfonso – che risuonò anche fra gli articoli delle regole dettate – secondo il cardinale Caracciolo – «da pietà, da morale, da zelo, da carità cristiana»[51] e stilate per disciplinare la nuova congregazione allo scopo – fu l’auspicio dell’Errico – di «Stendere le ali per tutto il Regno Napoletano»:[52]
essendomi pervenuto a notizia – scrisse il 20 gennaio 1843 Leone Ciampa (1836-1848), vescovo della diocesi di Conza e Campagna – che in questo Regno si è stabilita la Congregazione sotto il titolo de’ SS. Cuori di Gesù e di Maria, attestato dalla fama, nella quale è dovuta per la pietà, dottrina e spirito di sacra unzione, con cui annunziano la divina parola coloro che la compongono, nel divisamento di procurare maggiori vantaggi spirituali ai fedeli di queste due diocesi, mi son messo in corrispondenza col Superiore della stessa residente in Secondigliano, e gli ho fatto la proposta, che si fosse compiaciuto di mettere il locale in parola, per istabilirvi una compagnia di Missionari del suo Istituto, Egli ha accettato, e già si sono poi stipulati i patti tra noi.[53]
Sulla scia di quanto messo in atto dal vescovo, con atto del notaio Cosmo Miranda, il 20 marzo 1843, costituito «suo speciale Procuratore il Reverendo Sacerdote D. Giuseppe Orlando della Congregazione», Gaetano Errico accolse da
- Ecc. Mons. D. Francesco Javarone Vescovo di Ascoli e Cerignola la donazione del Collegio di Cirignola, una Chiesa, fornita però di tutto il bisognevole, e di tutti gli utensili, mobili ed arredi Sagri necessarj all’uso da’ Missionari de’ Santissimi Cuori di Gesù e di Maria, e di fondare colà un’altra loro casa.[54]
Una presenza attestata fin dai primissimi anni di attività della neonata congregazione «in diverse Provincie del Regno – riportano i documenti – cioè in Roccasecca, in S. Donato, in Cirignola, in Bari, in Bitetto, in Andretta, ed in Itri»,[55] e regolata da alcuni «esercizi di pietà […] a beneficio spirituale de’ Fedeli» che, fra le Regole,[56] svelavano «lo scopo principale dell’Istituto», ai quali «i Padri […] nelle loro Chiese sono tenuti»:
- In ogni mattina si farà al popolo la Orazione mentale mentre si celebra la Santa Messa. Nella sera dopo la recita del Santo Rosario, si farà la Istruzione, o la Orazione mentale secondo che si stimerà più profittevole per le anime, in fine si farà la Visita a Gesù Sacramentato; ed a Maria SS. con la Benedizione. 2. Nel Giovedì alla sera si farà un discorso sopra il SS.mo Sacramento: nel Venerdì la Via Crucis: e nel sabato un discorso sopra Maria SS.ma. 3. Nelle Domeniche, e nelle altre Feste, nelle ore pomeridiane si farà ai fanciulli, dell’uno e dell’altro sesso, il catechismo piccolo sopra i rudimenti della Fede, finito il quale si reciterà col popolo il Rosario; quindi fattosi il Catechismo grande, si farà la Visita con la Benedizione del Santissimo. Dopo vi sarà la Congregazione di spirito pe’ soli Uomini. 4. Nel corso dell’anno sono tenuti a celebrare le Feste de’ SS.mi Cuori di Gesù e Maria, ed altre Feste principali, precedute dalle novene con discorsi ed esposizione del SS.mo Sacramento. 5. I Padri oltre alle confessioni nelle proprie Chiese, sono tenuti ad ascoltare le confessioni negli Ospedali, e nelle Carceri.[57] Continuano?
In quel modo, alla scuola della missione misericordiosa concepita da Gaetano Errico, il popolo si nutriva dei fondamenti basilari della fede che traducevano nella quotidianità – per combattere ignoranza, laicità e secolarizzazione – i principi alti della teologia:
Il popolo del Suborco di Miano con umil Suppliche vengono ai piedi di V.E. con esporvi le di loro lagrime, le quali vedendisi, afflitti, per le di l’oro scelleragini e iniquita da l’oro commesse, e non avendo, più cuore da trattenersi, perché vogliono tornare ai piedi del l’oro Crocifisso Signore. Bramano dall’E.V. di volergli mandare una missione. E proprio I padri de SS.i Cuori di Gesù E di Maria, per manifestare a pieni di questi, ministri del Crocifisso Gesù le di l’oro scelleragini.[58]
Seguendo quell’indirizzo pastorale, le “moderne” congregazioni – dopo il “trauma” della rivoluzione francese – rilanciarono – aggiornandola – l’azione formativa e catechetica avviata dai religiosi negli anni immediatamente successivi il Tridentino – come era accaduto con la recita del rosario e i domenicani, e la diffusione della pietà eucaristica propagandata dai gesuiti e dai cappuccini[59] – ma fortemente compromessa, specie nel Mezzogiorno, dalla soppressione degli ordini monastici compiuta dai napoleonici nei primi decenni del XIX secolo:
Chi può ridire – ricordò, dopo la morte dell’Errico, un suo confratello – con quanto piacere ascoltava, nel nostro ritorno dalle missioni, i prodigii co’ quali la divina Clemenza avea le nostre apostoliche fatiche coronato? Come rallegravasi nell’udire le conversioni di tante anime fuorviate, tanti scandali tolti, tanti abusi sradicati, tante riconciliazioni effettuate, e roba altrui restituita, e risarcita la fama di persone calunniate, e richiamata in vigore la frequenza de’ Sacramenti, e tante belle opere di devozioni introdotte![60]
Basta scorrere le pagine delle Regole della Congregazione de’ Santissimi Cuori di Gesù e Maria approvate da papa Pio IX nel 1846,[61] per intuire come, accanto alle tradizionali modalità di concepire la vita religiosa – i «voti semplici di povertà, castità, obbedienza e perseveranza»;[62] l’ora et labora tradotto con «il poco parlare, ed il molto operare fa i cuori Santi»;[63] «la disciplina sarà di funicelle»;[64] «col permesso del Superiore si potrà in pieno Refettorio mangiare in ginocchio, o seduto a terra»;[65] «la mortificazione dell’odorato andando a servire gl’infermi negli ospedali, ad istruire i Carcerati»[66] – Gaetano Errico ideò un modello di consacrazione in sintonia con una società che, sperimentando gli effetti della secolarizzazione, denunciasse l’esistenza della pericolosa scristianizzazione in atto: una missione concepita «per la pubblica emendazione – si legge tra le Regole – del mondo corrotto»,[67] allo scopo di ridurre la discrasia – «La tempesta è principiata a farsi vedere»[68] annotò il 15 agosto 1860, mentre gli eventi risorgimentali confermavano la definitiva affermazione della politica cavouriana – tra Paese reale e Paese legale:
I tempi sono critici – segnò il 28 agosto 1860 – ma il Signore, nelle cui mani sono tutti i tempi, può mitigare l’asprezza dei tempi, anzi in un momento dare la pace, la quale tutti tutti i regnanti e i regimi non la possono dare; perciò, amiamolo, preghiamolo, confidiamo in Esso, e dopo di Lui facciamo lo stesso colla sua Madre Maria.[69]
E tale fu la sua costante preoccupazione, se testimoni oculari, raccontando gli ultimi giorni di vita dell’Errico, riferirono che:
Piange più fiate negli ultimi due giorni, che gli rimangono di vita, sur i mali, cui vedea in ispirito sovrastare alla Chiesa, ed esclama immerso in un profondo dolore: povera Chiesa! povera religione! Gli si dimanda il motivo, percui tanto affliggeasi, ed Ei risponde né più né meno; povera Chiesa! povera Religione![70]
Conclusione
È indubbio che, sulla scia della tarda devotio moderna, anche l’Ottocento registrò – nella gestione del sacro – la partecipazione frequente e massiccia ai sacramenti: la comunione settimanale e – in alcuni casi – quotidiana, pretesa – comunque – almeno a Pasqua; l’importanza della confessione e, quindi, del direttore spirituale, come rivelarono, tra XVI e XVII secolo, le figure di Francesco di Sales (1567-1622) e Vincenzo de’ Paoli (1581-1660); la diffusione dell’adorazione eucaristica, rilanciata nel 1592 da papa Clemente VIII (1592-1605) con la pratica delle Quarantore, e del culto mariano, stigmatizzato – principalmente – nei mesi di maggio e di ottobre. L’insieme di queste pratiche devozionali costituì la palestra di vita di un modello di santità eroica che, dal Cinquecento, con Teresa d’Avila (1515-1582) e Giovanni della Croce (1542-1591), attraverso le seicentesche figure di Leonardo da Portomaurizio (1676-1751) e Paolo della Croce (1694-1775), coinvolse nel Settecento le personalità di Alfonso Maria de’ Liguori, Gerardo Maiella – che non furono mai parroci – Giovanni Maria Vianney (1786-1859), i quali fecero della confessione e dell’adorazione eucaristica lo spazio fertile dove promuovere una profonda spiritualità. Una spiritualità – in non pochi casi coltivata all’interno di un misticismo teso a denunciare le frivolezze dell’epoca – che sfociò nella fondazione di nuovi istituti religiosi che, in una ecclesiologia di matrice bellarminiana tesa ad affermare la Chiesa come una societas perfecta,[71] costituirono – attraverso un impegno teso a sopperire all’assenza di un sostegno civile alle fasce più deboli della società – l’accentuazione dell’evidente sintomo di una realtà ecclesiale attraversata da vitalità e animata da fervore, come avevano dimostrato – seppure in contesti storici diversi – nel Seicento le vicende degli scolopi, dei lazzaristi, dei fratelli delle scuole cristiane, e nel Settecento la genesi dei redentoristi e dei passionisti.
In quel contesto – anche nel Mezzogiorno – sulla scia dell’intuizione che aveva caratterizzato, a partire dal 1732, l’azione svolta da Alfonso Maria de’ Liguori – che per contrastare la diffusione del ministro illuminista Bernardo Tanucci puntò sulla recita del rosario e sulle visite al santissimo sacramento – il concetto di “missione” – illuminato dalla devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria – con Gaetano Errico – ma quanto ne sapeva di Giovanni Eudes (1601-1680), di Margherita Maria Alacoque (1647-1690), di Claudio La Colombière (1641-1682)? – rappresentò non soltanto un efficace contrappeso alle esagerazioni del giansenismo, quanto – soprattutto – un impulso a mettere in atto una pietà emotiva – per i documenti, efficace – che, invitando alla penitenza e alla riparazione, individuasse nell’accesso frequente ai sacramenti – alla confessione e alla comunione – il percorso da seguire per affrontare e superare le reali difficoltà vissute nella quotidianità, facendo del prete-missionario un dispensatore di misericordia. Aspetti che emergono dall’analisi e dallo studio di quelli che furono il tempo e lo spazio nei quali Gaetano Errico – protagonista nel non rifiutare l’antico, ma nel rimodernarlo – cercò di ritagliarsi con la sua testimonianza e il suo apostolato un proficuo ambito d’azione nella vivace Ecclesia meridionale della prima metà del XIX secolo. Anche in quel modo – nonostante la secolarizzazione e la laicità – la Chiesa continuò a mantenere il suo protagonismo all’interno della società, rivelandosi asse portante della vita quotidiana – attraverso le grandi feste religiose legate alle processioni del Corpus Domini e alle sacre rappresentazioni della Settimana Santa – impregnate di una catechesi vivente che, nella sua essenzialità, fosse in grado – comunque – di rappresentare l’ineludibile premessa per una decisa professione di fede: «Che bene posso fare io mai?»[72] si era chiesto Gaetano Errico.
Una domanda che trova risposta anche fra le pagine della corposa corrispondenza – costituita da 619 lettere, ventisette delle quali inerenti la presenza dei missionari a Cerignola o indirizzate al loro locale collegio[73] – che, tra il 1841 – allora cinquantenne – e il 1860 – anno della sua morte – svelano – dell’Errico – argomenti e tematiche meritevoli di eventuali e nuovi approfondimenti. Se è vero – come è vero – che il genere epistolare conserva e riflette l’armoniosa riservatezza assente nella rigida formalità istituzionale del documento, le lettere di Gaetano Errico pullulano non soltanto di aspetti legati alla spiritualità – combattere «Satanasso»,[74] guidare le anime nella confessione all’umiltà, definita «la scienza dei santi»[75] – ma anche di quelle che furono le espressioni tipiche della sua quotidianità: una quotidianità animata da preoccupazioni derivanti dalla nascita, dallo sviluppo e dalla gestione della sua congregazione,[76] impegnata a convertire le «anime a voi affidate nelle sante missioni»,[77] il cui resoconto – quasi in forma di compendio – permise al fondatore, in non poche occasioni, di affermare:
Di quanto bene si vede operato nelle anime tutto, tutto, senza eccezione alcuna, viene da Dio, l’imperfezione viene da noi. Adunque ringraziamo Sua Divina Maestà, che per i SS. Cuori facciano calare tante misericordie nelle anime comprate col Sangue del suo Figlio.[78]
Riflessioni che fanno – di Gaetano Errico – uno dei precursori del concetto di misericordia, richiamato da papa Francesco nella sua Misericordiae Vultus – la bolla di indizione del giubileo straordinario – laddove si legge:
L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa «vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia». Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.[79]
Affermazioni forti – quelle del pontefice – che non sembrano essere distanti dall’esperienza vissuta, nella prima metà del XIX secolo, da Gaetano Errico, così ritratto – seppur attraverso un linguaggio aulico e solenne perché tipico del tempo – dal confratello Michele Sodano, il 29 ottobre 1861, «nella Chiesa del Collegio di Secondigliano», in occasione delle celebrazioni svoltesi nel primo anniversario della sua scomparsa:
Acceso di carità, e di zelo, qual’altro Elia, Ei si addimostra espugnatore di vizî, esterminatore di abusi, fulminatore di scandali e di peccati, nulla non risparmiando per far di tutti un’olocausto alla gloria del suo Signore. Oh quante intere popolazioni si vedevano, come gli abitatori di Ninive, ricoverte di sacco, di cenere asperse, bagnate di lagrime fare di sé, e del loro dolore un dolce spettacolo agli occhi della divina Clemenza, mercé lo zelo di Gaetano! […] Fu per questo che il Signore benedisse sempre alle sue imprese, e mercé il suo zelo si vide l’onestà salvata, la ignoranza istruita, il costume migliorato, il vizio represso, la penitenza incoraggiata, il ravvedimento in tante anime coltivato. Oh Carità di Gaetano chi potrà con parole eguagliarti! oh quanto ti sta bene l’elogio, che lo spirito Santo fece di Elia, chiamandolo uomo tutto di Dio: Homo Dei.[80]
Corrispondenza
Premessa storica
La raccolta delle ventisette lettere indirizzate da Gaetano Errico al collegio di Cerignola o al medesimo istituto legate da rimandi e riferimenti – ubicato nei locali dell’antico convento degli agostiniani, tra le strette arterie del quartiere della «Terra Vecchia» – copre l’arco cronologico compreso tra il 1841 e il 1860, rivelando – nella sua consistenza – gli aspetti salienti del rapporto che legò – nell’età adulta – la figura del fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria alla comunità locale. Fra le pagine del corposo epistolario – che nell’insieme raccoglie 619 lettere – la costante attenzione nutrita dall’Errico – in età matura e fino all’anno della sua morte – nei confronti di un’“anonima” cittadina del Mezzogiorno a metà del XIX secolo, se da un lato suggerisce di ribadire – confermandolo – l’alto tasso di disagio sociale diffuso fra la popolazione,[81] dall’altro conferma – di quegli stessi anni – la rilevanza assunta da interventi di matrice ecclesiale, tesi ad alleviare, accanto alle povertà materiali, i bisogni spirituali della popolazione attraverso la realizzazione di una “politica” – secondo il significato etimologico più aristotelico del termine che esprime l’amore per la polis – che si rivela – dopo circa due secoli – una delle chiavi di lettura più acute per leggere e analizzare il carattere di quella che fu l’identità della comunità locale proiettata verso la contemporaneità. Riflessioni che riecheggiano – seppure di riflesso – tra le affermazioni dello stesso Errico, impegnato a tessere l’identità di un suo confratello e a descrivere – contemporaneamente – le disagiate condizioni vissute – nel 1843 – dalla gran parte della popolazione locale: «Il P. D. Francesco Guastaferri, nativo di Boscotrecase (Napoli) […] È ricordato in comunità per la scienza dei sacri canoni, e per la sua grande carità verso i poveri, a cui, essendo Rettore del Collegio di Cerignola, dispensò un giorno quanto aveva in casa, contentissimo d’esser rimasto per essi privo di tutto».[82]
Non a caso, fu lo stesso Errico a seguire – personalmente – gli eventi e gli avvenimenti che permisero l’inaugurazione del nuovo collegio a Cerignola, espressamente voluto ed economicamente sostenuto da Tommaso Russo (1791-1857) – «Era questi munifico protettore ed insigne benefattore del Collegio di Cerignola»[83] – che, se nella trascrizione delle lettere eseguita dal padre Vincenzo Pennino diventa, nella maggior parte dei casi «il signor Rossi»,[84] rivelò la sua filantropia – sintomatica l’affermazione del Conte: «Un Monte ancora di ospitalità si ordinava dal nostro concittadino Tommaso Russo, che sarà un grandissimo albergo, il quale gratuitamente accoglierà gl’infelici, cittadini e forestieri, di ogni condizione» – nel fondare – anche – il nosocomio locale.[85]
Una vocazione al sociale – quella dell’Errico – degna di nota anche tra le pagine delle relatio ad limina Apostolorum inviate – a cadenza triennale perché così imponeva quanto promulgato al proposito dal Tridentino – alla Sacra Congregazione del Concilio dai vescovi Francesco Iavarone (1832-1849) e Leonardo Todisco Grande (1849-1872) che – dell’azione svolta a Cerignola dal fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria – furono oculati testimoni, sperimentando – dello stesso – l’attenzione misericordiosa verso le povertà dell’uomo. Se il primo, nella relazione del 1837, dopo aver denunciato in loco l’assenza di una presenza religiosa – «Cumque Ceriniolensis populosa Civitas aliqua indigeat (nullam enim habet) Religiosa Familia» – assicurò alla Sacra Congregazione del Concilio di aver reso appetibili i locali appartenuti in passato all’ordine agostiniano – «ad id consequandum nullum non novi lapidem, quo suppressus, peneque nullius usus Augustinianorum mihi trederetur Conventus» – allo scopo di accogliere una famiglia di regolari – «id quod Deo adiuvante, obtinui, et sumpter ducatorum circiter millium pene refectum, decenterque comparatum ex pulsae Regularium familiae tradam conditione adhibita, ut in ea observantia efflorescat»[86] – attestando nel 1843 il compimento dell’auspicato progetto – «Ceriniolae vero Collegium Patrum Missionariorum SS. Cordis Iesu, et Mariae, item nuper fundatum»[87] – il secondo fotografò la presenza dei missionari dell’Errico, attestandone la collaborazione pastorale:
Intra Ceriniolen in suppresso Agustinaniorum Monasterio erectum a paucis annis Collegium novae Institutionis SSmum Cordium Domini Nostri Iesu Christi, et B.ae Mariae Virginis Existit. Pauci juvenes Sacerdotes cum paucis fratibus morantur.[88]
Probabilmente fu anche l’esito positivo del tentativo – riuscito – di colmare le carenze spirituali e materiali del suo tempo – nel rispondere al quesito «Che bene posso fare io mai?» concretizzatasi anche con Gaetano Errico nel ridurre la distanza tra pulpito e strada – a rivelare – del fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria – così come emerge dall’analisi delle lettere indirizzate al collegio di Cerignola, il protagonismo che lo stesso assunse nella storia religiosa ed ecclesiale del suo tempo.
Nota metodologica
è da precisare, inoltre, che la consistenza cronologica – dal 1831 al 1860 – della corrispondenza riportata nel volume curato da padre Vincenzo M. Bellino rispecchia, nell’indicare l’Errico, i titoli di «Servo di Dio» o di «Venerabile», riflettendo – indirettamente – le diverse fasi della causa di canonizzazione, confluita nella pubblicazione del Bollettino della Sala Stampa del Vaticano che annunciava: «Alle ore 11 del 1° marzo 2008, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, durante la celebrazione dell’Ora Sesta, il Santo Padre Benedetto XVI, nel corso del Concistoro, ha decretato che i Beati: Gaetano Errico; Maria Bernarda Bütler; Alfonsa dell’Immacolata Concezione e Narcisa di Gesù Martillo Morán siano iscritti nell’Albo dei Santi il 12 ottobre 2008». Questo il resoconto delle fasi precedenti dell’iter processuale: « nel 1866 il primo Postulatore della causa di beatificazione, data la fama di santità di p. Gaetano Errico, chiede ed ottiene dall’Arcivescovo di Napoli il Card. Sisto Riario Sforza, l’apertura del Processo Ordinario che durerà fino al 1876. Introdotto il Processo Apostolico viene dichiarato “venerabile” da Papa Leone XIII nel 1884. Bisogna però attendere fino al 4 ottobre del 1974 per il Decreto nel quale Paolo VI dichiara eroiche le virtù esercitate dal Beato. Il 24 aprile 2001, Giovanni Paolo II firma il Decreto di approvazione del miracolo per la beatificazione e il 14 aprile 2002 viene solennemente proclamato Beato. Passano solo due anni e, contro ogni previsione, già si istruisce il processo canonico su un fatto miracoloso attribuito all’intercessione del Beato: una signora di Secondigliano portatrice di una sterilità primaria concepisce inspiegabilmente, dal punto di vista scientifico, e dà alla luce un bambino che, per devozione e riconoscenza, chiama Gaetano: il bambino è sano e cresce bene. Il 6 Luglio del 2007 Benedetto XVI promulga definitivamente il decreto per la Canonizzazione» (da http://www.missionarisacricuori.it/verso-la-canonizzazione, consultato il 1° dicembre 2016).
Nella trascrizione della corrispondenza dell’Errico, la numerazione araba ordina la collocazione della lettera nella presente pubblicazione; la numerazione romana rispecchia la posizione della medesimo documento nella pubblicazione Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, Napoli, Tipografia Angelo Sangermano, 1908.
1 (XV)
Ad N. N.
Gli raccomanda due Padri per predicare la Quaresima.
I.M.I.
Ill.mo D. Raffaele
Vi prego, se mai sia possibile, trovandovi a spedire i predicatori per la prossima quaresima, a mandare due dei nostri, cioè il P. D. Fedele de Cillis[89] ed il P. D. Michele Landolfi, a due comuni più prossimi a Secondigliano.
Sig.re D. Raffaele, accettatemi tra il numero dei vostri [servi] e son di V.ra Sig.ria Ill.ma
Secondigliano, li 30 Gennaio 1841.
Umil.mo ed Obbl.mo servo
2 (XVI)
Al R. P. D. Giuseppe Orlando dei SS. Cuori[90]
Cerignola
Gli dice che con sollecitudine ha risposto alle sue lettere,
e l’incoraggia a lavorare per l’incremento della Cong.ne
I.M.I.
Figlio dilettissimo in G. C.,
Io non ho fatto silenzio né alle lettere, né alla procura, ma con la massima prestezza e diligenza ho risposto ad ogni minuzia, anzi di più di quello che conveniva. La procura la mandai fin dal giorno 22 dello spirante, punto in cui l’ebbi dal notaio Cosma Miranda, perciò credo che già è pervenuta nelle vostre mani, ed avete già cominciato l’operazione della stipula per la fondazione. Spero che i SS. Cuori, che cominciarono l’opera per mezzo vostro, la proseguiscono e la mandano a termine.
Vi mando mille benedizioni, colle quali Sua Divina Maestà riempia i vostri cuori del suo Spirito, e sono di v.ra Paternità. Benedico tutti gli altri Congregati e ditegli che sperano per la gloria di Dio, e per la propagazione della Cong.ne, chè questo vuole Dio dai loro cuori.
Secondigliano, li 29 Marzo 1843.
3 (XVII)
Allo stesso
Esprime la sua fiducia in Dio e nei SS. Cuori per l’opera della Cong.ne, e dà alcune notizie
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
Oggi 22 maggio nel ritorno da Quadrella [Avellino] ho ritrovato la vostra colla data 11 del medesimo. All’avvilimento del nostro P. Cavallo[91] e [P.] Guastaferri[92], e se ne ve ne sia ancora nel vostro cuore, pensate che qui cœpit perficiet solidabitque; perciò consolatevi più nelle cose contrarie che nelle prospere. Con Monsignore [Vescovo] col solito rispetto e riverenza dimandate e non cessate di dimandare, mostrategli la precisa necessità del collegio e della chiesa, e fate sì che le dimande colla perseveranza producono il desiderato effetto. Confidate molto, anzi tutto tutto nei Cuori di Gesù e di Maria, e canterete la vittoria. Dite da parte mia a D. Luigi Morra[93], che la sua promessa è sicura, i Cuori SS. faranno sopra di esso leggere il centuplicato colla vita eterna. Il P. Fisco[94] ritrovasi ancora in Andretta, e noi siamo in collegio con quelli medesimi, che rimaneste; gittiamoci nelle braccia del Signore, chè non ci moveremo in eterno. Vi chiudo nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, vi benedico e spero con tutta la fermezza del mio cuore, che siccome siete tre Padri, e due fratelli [laici] in Cerignola, così tutti cinque segnatamente sarete le primizie della Cong.ne nel cielo. Sono il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 22 Maggio 1843.
4 (XVIII)
Allo stesso
Gli raccomanda di raffermare nella vocazione un Padre della Cong.ne, e tratta di altri affari.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
Ringraziamo con tutta l’effusione del nostro cuore Sua Divina Maestà, che vi ha ridonata la pace del vostro cuore. Confermate continuamente il nostro carissimo P. Cavallo nella sua vocazione, e fategli toccare colle mani che Dio, e non il fratello Girolamo è padrone del suo cuore; avvisategli che niente trovasi discapitato di affetto nell’animo nostro, anzi è cresciuta la dilezione verso di essolui. Fratello Antonio[95] dicesi che sta infermo ad Andretta, ed esso solo anima quel collegio.
Fra giorni la necessità di quei poveri nostri figli e fratelli mi costringe a recarmi colà: vogliamo vedere se ne possiamo ritrovare uno secondo il vostro cuore; significatemelo se siete di tal sentimento. Tutti vi raccomandiamo al Signore e vi chiudiamo nei SS. Cuori. La nostra benedizione cala sopra di voi e sopra di tutti gli altri PP. e FF. Mi soscrivo di V.ra Paternità R.ma il v.ro vero Padre in G.C.
Secondigliano, li 17 Giugno 1843.
5 (XIX)
Allo stesso
Tratta di affari domestici e l’anima ad eseguire il divino volere.
I.M.I.
Carissimo e dilettissimo figlio in G.C.,
In giornata 15 del corrente mese ore 19 si è presentato il Sig.r [P.] D. Tiberio [Cavallo] colla vostra pregiatissima, dalla quale ho rilevato quanto mi devo interessare per parlare e sollecitare D. Tommaso Rossi[96] a viemaggiormente beneficare il nostro collegio di Cerignola, la sollecitudine, che dobbiamo intraprendere con Mons. Iavarone per farne parola a Sua Maestà per l’approvazione del prelodato collegio, e nel tempo stesso perché mai vi ha posto in dimenticanza. Ho conosciuto che il Sig.r D. Tiberio non ha pensiero esser nostro. Per ora i bagni sono per voi i divini voleri, adorateli, chè quanto sembrano amari altrettanto riusciranno profittevoli per voi. Adunque siate forte nel combattimento, praeliate praelia Domini, chè la vittoria è certa, la corona è sicura. Vi benedico nel Signore con tutti i vostri, e sono di Vostra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Dal Collegio di nostra residenza 15 Luglio 1843.
6 (XXI)
Al P. D. Giuseppe Orlando dei SS. CC. – Cerignola
Tratta di affari di quel Collegio.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
Noi ci consoliamo per la vostra buona salute. Abbiamo fatto la correzione al fratello Carmelo[97], e perché nel venire in collegio niente si sapeva delle sue nobili mancanze, per tal motivo non fu allora per allora cacciato di Cong.ne; ma se mai non si approfitta della misericordia usatagli sperimenterà il castigo di esserne cacciato.
Il Sig.r D. Tommaso Rossi venne insieme colla moglie, nipote ed altra signorina nel nostro collegio; noi l’abbiamo promesso visitarlo giovedì 17 del corrente, e nel calare il venturo settembre ritrovarlo in Cerignola. Mi disse che ama che il suo denaro si applicasse a comprare terreno, e non già fabbrica. Per Monsignore noi conosciamo che niente potrà o vorrà concorrere alla sussistenza di tanta opera; ma confidate perché Sua Divina Maestà è con noi, ed i Cuori SS. ci proteggono. Vi benedico cento e mille volte, e benedico tutti i vostri. Mi dico di V. P. Rev.ma:
Secondigliano, li 12 Agosto 1843.
Il v.ro vero Padre in G. C.
7 (XXII)
Allo stesso
Tratta di alcuni affari e l’esorta a lavorare con alacrità e abnegazione pel bene della Cong.ne.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
In questa mattina ho mandato il fratello D. Michele[98] dallo statuario per far terminare la statua a tutto punto, giacché non ho potuto calare di persona per cagione della gamba, ed in pari tempo a far consapevole di quanto mi avete scritto per l’organaro. Non attribuite a tanta mancanza la miticolosità del fratello per non avervi detto un iota nella nostra, perché io penso, che perché scriveva a mio nome ha avuto soggezione di dire cosa da parte sua. Il vostro compare ieri fu esaminato ed approvato per la messa. Il Signore ci mortifica cogli Ordinarii di Conza e Campagna e di Sora per li collegi di Andretta e di Roccasecca, ma il tutto riuscirà a maggior gloria dei Cuori SS.mi. Credo che a quest’ora che leggete la presente ritrovasi D. Tommaso Russo [Rossi] in Cerignola; me lo salutate distintamente, e come mi ha fatto sentire dopo la nostra parlata con essolui vuole beneficare viemmaggiormente oltre i duemila ducati il nostro collegio di Cerignola. Siate di buon animo, ringraziatemi il P. Guastaferri, ricordatevi che il Signore nei nostri sudori vuol fare nutricare i nostri pensieri. Adunque operate e non cessate di operare, perché vi è stata preparata la corona della giustizia. Vi benedico e vi chiudo nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, come intendo fare di tutti quelli del vostro collegio, e sono il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 30 Agosto 1843.
8 (LXIII)
All’Arciprete del Vescovado di Cerignola
Lo prega di cooperarsi efficacemente per il miglioramento del collegio della Cong.ne.
I.M.I.
Ill.mo e Rev.mo Sig. Arciprete,
Mi è stato annunziato il pensiere di V.ra Sig.ria Ill.ma e Rev.ma della compra delle tre stanze colla permuta del sottano e stanza superiore dietro il nostro Collegio, e mi è al sommo piaciuto, acciocchè così vada a togliersi ogni soggezione; ma però in tale operazione vi necessita tutto il vostro braccio per mandarsi a termine; che perciò vi prego a chiamarvi la persona interessata del sottano, e stanza superiore attaccato al nostro Collegio, e perlargli con la vostra solita efficacia per farla condiscendere a tal permuta, e così poi stipulare l’atto della compra ecc. altrimenti non avendo i nostri tale potere a far ciò resterà la fabbrica comprata inutilizzata per la Congregazione. Anticipatamente ve ne ringrazio, e con ogni rispetto mi segno di V.ra Sig.ria Ill.ma e Rev.ma.
Secondigliano, li 8 settembre 1847
Umil. e dev.mo servo vero in G. C.
9 (LXVI)
Al P. D. Giuseppe Orlando dei SS. Cuori
Superiore del Collegio di Cerignola
Tratta di affari di quella Casa.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
Martedì, 18 del corrente, parlai con Mons. Iavarone, il quale secondo il solito si mostrò assai affabile e molto contento delle vostre operazioni e di quelle dei vostri.
Monsignore disse che l’Arciprete ha cinquecento ducati del signor [D. Tommaso] Rossi per comprarne fondi; impegnatevi d’impiegarli quanto più presto sia possibile; soggiunse che il Rossi a tutto marzo darà l’altri mille ducati, e tante altre cose. Il signor Rossi per ora non è stato ritrovato nella [Via] Pignasecca a N. 29; indicateci meglio l’abitazione e saremo a ritrovarlo. Confortatevi nella tribolazione, siate forte nel combattimento, pugnate coll’antico serpente, chè riporterete infallibilmente la corona della vittoria. Confortatemi assai assai P. Guastaferri, ditegli che si gittasse tutto tutto nei Cuori SS. di Gesù e di Maria, e non pensasse a cosa alcuna. Io penso che si potrà pazientare [per altri soggetti] sino al settembre, nella di cui ordinazione (spero ai SS. Cuori) si consacrano sacerdoti De Ciutiis e Gilberti, ed allora uno di questi potrà rimpiazzarsi. Vi mando mille e mille benedizioni, e mi segno di V. Paternità R.ma il vostro vero Padre in G. C.
Secondigliano, [1847?]
10 (LXVIII)
Al P. D. Giuseppe Orlando dei SS. Cuori – Cerignola
Lo conforta alla speranza per gli affari di Cong.ne.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
Ringraziamo Sua Divina Maestà per i molteplici beneficii che versa sopra di noi. Verrà tempo in cui non avrete bisogno di Monsignore; ora la nostra Congregazione ed il nostro Collegio di Cerignola ha da produrre frutto centuplicato in patientia. Io vi dissi che benché Monsignore non avesse atteso a cosa alcuna pure avremmo [avute] pruove maggiori della sua maniera di trattare ed argomenti più forti da poter sperare cose insolite dai SS. Cuori di Gesù e di Maria. Intanto voi non cessate tanto per mezzo dell’Arciprete quanto nel prestarsi l’occasione chiedere a guisa dei miserabili; che se non ve l’accorda Monsignore vi esaudirà Sua Divina Maestà. Se mai Monsignore vi chiamasse ad istanza dei gentiluomini per il quaresimale di Cerignola, giacchè vi ha escluso da quello di Candela, senza fargli conoscere il vostro e nostro dispiacere, ditegli che il Superiore Gen.le vuole per ubbidienza, che il quaresimale non fosse giornaliero, giacchè sono obbligato a disimpegnare moltissimi altri affari per il Collegio, ed attendendo alle prediche giornaliere vengo forzato a trascurare i principali obblighi della mia carica. Se poi si contenta tre volte alla settimana, allora quietatevi. Quanto prima spero mandarvi il fratello, giacchè ne attendo altri. Salutatemi D. Luigi Morra. Ringraziatemi D. Tommaso colla famiglia, dite a D. Savino che stesse di buon animo. Benedico voi, i vostri e le opere vostre e sono il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 29 Novembre 1847.
11 (CXIV)
Al can.co D. Domenico Matronalo – Sangermano
Lo assicura che prega per sua madre, e si scusa di non poter dare gli esercizi nel tempo già stabilito
I.M.I.
Ill.mo e R.mo Signor D. Domenico,
Noi preghiamo Sua Divina Maestà per vostra madre: speriamo che voglia felicitarla. Dite alle Rev.de Monache, che noi non possiamo venire per il segnato giorno, perché siamo accinto per andare a Cerignola; voi potete dire a queste Rev.de Madri, che in questa volta mi riuscirà impossibile servirle. Mi segno di V.ra Sig.ria Ill.ma
Secondigliano, li 27 Febbraio 1851.
Umil.mo e Div.mo servo vero in G.C.
12 (CXLIV)
Al P. D. Emmanuele Speranza dei SS.CC.[99] – Cerignola
Suggerisce alcune ragioni per tranquillizzare lo spirito
nell’amministrazione del sacramento della penitenza.
I.M.I.
Carissimo figlio in G.C.,
L’amministrazione dei santi sacramenti la Maestà di Dio la ha affidati agli uomini; perciò vuole che dopo esercitato quel talento, che l’ha consegnato, non sia timoroso a riscuotere l’emolumento. Adunque dopo che voi attendete allo studio per abilitarvi all’esercizio della confessione non temete male alcuno. Dite con S. Pietro: In nomine tuo laxabo rete.[100]
- Se vengono anime ripiene di gravi colpe animatele a rialzarsi, datele confidenza, ditele che il Signore le perdonerà tutte le loro iniquità se di cuore si pentono; le miserabili animate diranno con confidenza le loro miserie, manifesteranno le loro piaghe e voi, non trovandole nell’occasione libera in esse, con tuttochè abituate o recidive, purché di cuore si pentano e fermamente promettano l’emenda, potete assolverle anche la prima volta. I segni esterni della vera emenda voi li conoscete. Ho detto i segni esterni, perché l’interni sono noti al solo Dio; ed il Salvatore Dio Uomo, ancorché Giuda era in braccia alla perdizione, pure perché nell’esterno non compariva traditore, gli diede il Corpo e Sangue suo.
- I penitenti come sono rei, e per rei si accusano le loro colpe, sono veri testimoni della loro coscienza, e dell’assertiva della loro emendazione; perciò quando vedete, che con animo risoluto e sincerità accusano sé stessi, e vogliono prendere i mezzi per l’emendazione di una buona vita, non temete, dategli l’assoluzione.
III. Sempre è più misericordioso Dio, che non vuole la morte del peccatore, che noi suoi ministri. Adunque siate misericordioso quanto potete esserlo, ché troverete misericordia presso la Maestà di Dio.
- Il tribunale della penitenza è tribunale di perdono, non di condanna; perciò dal nostro tribunale si parte perduto colui il quale è figlio della perdizione.
- Quelli che portano peccati veniali fate che si accusino la vita loro in generale, di quanto male hanno commesso con pensieri, parole ed opere etc.; l’eccitate al dolore di aver offeso Dio, e così li date l’assoluzione.
Siate di buon animo, ché il vostro timore è stato stratagemma del demonio per inquietare voi e impedire la salute delle anime.[101]
Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori, segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
[1853?].
13 (CXLV)
Allo stesso
Consola l’animo suo abbattuto dalle desolazioni e aridità di spirito.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Vi dico col Redentore non temete, vivete gittato nelle mani di Dio, e di Dio è la cura per farvi santo. Grazia di Dio è stata il non farvi sentire i rimorsi della coscienza, segno è sicuro che Sua Divina Maestà vuole prima confortarvi lo spirito, e poi mettervi ad altre pruove per la vostra perfezione. Verrà tempo, ed è vicino, che toccate con le mani le opere del vostro ministero adempito da voi colla grazia di Dio, e quelle che fate nel segreto del Collegio sono accette al Signore. Il non sentire divozione e volerla, il prendersi pena che le cose di Dio si dicono soltanto colla bocca, si fanno per abito ed usanza, sono tratti questi della divina provvidenza, che dispongono l’anima vostra a camminare presso Sua Divina Maestà sola, per vie alquanto sconosciute, ma con ligame segreto tirata al suo amore, pavida e timorosa. Vi accordo la visita del santuario di S. Michele e luoghi vicini. Siano sempre lodati i SS. Cuori che vi benedissero la predica di Giovedì Santo col rimanente; il Superiore è già venuto. Il P. D. Giovannino Rossi è di stanza ancora a Secondigliano, attualmente trovasi in S. Eremo di Nola a missionare. Vi chiudo nei SS. Cuori, vi benedico e mi segno di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 6 Aprile 1853.
14 (CL)
Al P. Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Belli insegnamenti per la vita spirituale.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
La fede si corrobora più colle opere e colla frequenza degli atti che col sentirla; anzi facciamo assai assai opere di carità verso Dio e verso il prossimo; e così viene la fede, la speranza, la carità e tutte le altre virtù morali nel vostro cuore a farvi così grande, che v’innalzerà fino al Cuore di Dio, donde procede la carità. In tutte le opere vostre rettificate la vostra intenzione di piacere solo solo a Dio, non importa che il cuore vi dice che voi avete una fede debolissima. Per la confessione presentatevici come infermo impotente ed incapace di spiegare il suo male: tanto basta. Sua Divina Maestà col suo sangue preziosissimo toglierà da voi ogni malore, ciò fatto non pensate se sia stata buona la confessione o non sia stata buona. Potete confessarvi a chi più vi aggrada. Per quello che riguarda l’istruzione dei nostri Dio sa quanto mi è a cuore e come ne prego il Signore, come ne ho pregato i nostri ad istruirsi ed i giovani esortato ad apprendere, che poi tante volte, o per dir meglio, per lo più sono stato deluso: fiat voluntas eius. Dal canto mio posso esortare, dire; ma non posso operare ad apprendere io per essi loro. Pregai i due Padri N. N. ed N. N. ed in pari tempo l’imposi che avessero con più calore studiato sotto la vostra direzione la morale, oppure ce l’avesse imparato il P. De Cillis. Domandato al Superiore Tullo m’ha detto che niente ne fanno. Per quello che riguarda la vostra persona preparatevi per l’ubbidienza e tutto sarà accetto al Cuore di Dio. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, mi segno di V.ra Sig.ria Ill.ma il vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 3 Agosto 1853.
15 (CLVIII)
Al P. D. Michele Sodano dei SS. Cuori – Cerignola
Tratta di affari economici.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Mille ringraziamenti al Signore per avervi protetto nel penosissimo viaggio da Cerignola a Venosa e di avervi fatto trovare il vescovo tanto impegnato per l’apertura del nostro Collegio; le difficoltà si supereranno. Voi se avete ricevuto supplica da Monsignore con atto decuriale potete ritornare in Secondigliano, e dal nostro Collegio agire presso il ministro o altra persona a cui è necessario fare ricorso e così ultimare facilmente la fondazione. Voi intanto in qualche giorno buono se Monsignore Todisco il grande non verrà in Cerignola l’anderete a ritrovare in Ascoli, e parlate col prelodato vescovo a piede forte. Dopo parlato col vescovo ritornate in Secondigliano, stante che vi sono più cose da disbrigare, ed il disbrigo principiar deve dai principii del venturo Gennaio. Io scriverò al Rettore d’Agostino che vi provvegga di viatico. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma
Secondigliano, li 21 Dicembre 1853.
Il v.ro vero Padre in G. C.
16 (CLXVI)
Al P. D. Emmanuele Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Parla di alcuni affari che riguardano il collegio di Cerignola.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Per il fratello di Domenico[102] è necessario il certificato come non sia inquisito; perché stante che la fede della buona condotta etc. è stata vistata dalla Curia per ordine di Monsignore, equivale al testimoniale. Per l’affare di Specchio dite dalla parte nostra al Signor D. Tommaso che ritrovasse l’impiego dei duemila ducati, che i SS. Cuori li rimunereranno quanto fa senza tenersi cosa alcuna dei suoi sudori, anzi troverà il centuplicato accumulato. Se viene il P. d’Agostino, o se non viene, fate la novena a norma della volontà di Monsignore, che perciò se non verrà in Cerignola andate in Ascoli e fatevi dire minutamente come ama meglio che si celebrasse tale festività. Grazie si diano sempre ai SS. Cuori che siete stato ricevuto con piacere e godete la pace; chiamatevi con una vostra D. Giovannino assicurandolo che l’aria di Cerignola è ottima per la sua salute. Il fratello Domenico è stato dalla consulta assegnato per nostro fratello e la consulta vuole che ritorna. Verrà tempo opportuno in cui il Collegio di Cerignola fiorisce di Padri. Vi benedico chiudendovi nei SS. CC. segnandomi di V.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 9 Giugno 1854.
17 (CLXVII)
Allo stesso
Rimette alla sua prudenza la vestizione d’un fratello laico,
e ringrazia Iddio di aver trovato benefattori pel suo collegio.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Attendiamo da fratel Domenico l’altro certificato per il suo fratello. Quando stimerete nel Signore di poterlo vestire lo vestirete; però è cosa buona trattenerlo qualche tempo coi proprii abiti, come prescrivono le nostre sante regole, ancora ascendendo al sacerdozio, quanto maggiormente i fratelli! Voi poi giudicandolo nel Signore idoneo lo vestirete. Noi permettiamo che fratello Domenico si trattenga altro poco per ultimare la questua. Avete fatto molto bene a mandare da D. Tommaso colui, che ha domandato i duemila ducati. Ringraziamo il Signore che ci faccia trovare persone che si cooperano a nostro vantaggio. Approvo che scriviate, se di persona non potete vedere Monsignore, per la festa e fatevi dettagliare come ama che voi celebriate la festa del Sacro Cuore. Verrà tempo in cui il Collegio di Cerignola sarà tutto regolato. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori con tutti di Collegio; mi segno di V.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 17 Giugno 1854.
18 (CLXVIII)
Allo stesso
Ringrazia Iddio delle grazie che compartisce,
e parla di un sacerdote che dal Vescovo fu mandato nella nostra casa per gli esercizii.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Ringraziamo di vero cuore Sua Divina Maestà per le grazie, che di continuo ci compartisce e nel contempo stesso non temiamo delle cose avverse, perché per multas tribulationes transierunt fideles. Il P. Graziano[103] per molta fatica molto merita, e noi preghiamo i SS. Cuori, che gli rendano tanto nel tempo quanto nell’eternità il centuplicato; ditegli che sia di buon animo, e fatichi contento, ché il Signore è con esso. Colla medesima posta scrivo a Monsignore lettere di ringraziamento, e lo prego a far sì che anche V.ra Paternità sia facoltata da Monsignore a confessare. Per non disgustare Monsignore e mitigare il dolore del sacerdote fate così: chiudete la porteria alle ore 24, ed avvisate semplicemente il sacerdote per la meditazione, una semplice volta e non più; dimandato da Monsignore rispondete che avete con esattezza precettato [praticato] quanto vi aveva precettato. Per il mangiare lardo, strutto e latticinii lo può mangiare mangiando con voi, ma non ne può far uso fuori della vostra tavola. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori, segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 10 Luglio 1854.
19 (CLXX)
Al P. D. Emmanuele Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Approva la sua libertà di coscienza e gli permette di andare a predicare nella sua patria.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Sua Eccell.za R.ma nulla mi ha risposto alla mia inviatagli per voi: intanto voi preparatevi, ché il Signore non tarderà molto a chiamarvi. Il P. D. Giovanni Rossi trovasi a studiare morale per subire l’esame a Napoli, quale farà vicino a Natale. Molto mi piace la vostra candidezza nel manifestare la verità, per questo ancor ala vostra mi è stata molto grata. Lasciate nella libertà dei fattori e trebbiatori il dare l’elemosina; perché il padrone affidando il tutto nelle loro mani liberamente vuole tutto quello che opera il fattore, il trebbiatore ecc. Potete andare in vostra patria per la predicazione; a quella del nostro Collegio penserà Sua Divina Maestà. Niuna risposta abbiamo ricevuto dal vostro fratello Domenico. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, segnandomi di V.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 25 Luglio 1854.
20 (CCXXXII)
Al P. D. Emmanuele Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Ammonimenti per quietare il suo cuore nell’amministrazione della S. Confessione.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
È cosa buona, che si recitano le proprie divozioni ad ogni abitino; ma [se] si recitino sei Pater, Ave e Gloria bastano per guadagnare l’indulgenza.[104]
Il mezzo per tranquillizzare l’animo vostro nell’amministrazione del Sacramento della Penitenza è che voi quando vi mettete al confessionale pensate che fate le veci di Dio nel perdonare, e secondo che lo Spirito di Dio, con quel poco, che avete imparato, vi fa giudicare sia ben giudicato, non andate esaminando se siete stato lasso o rigido. Così quietate il vostro cuore, e Sua Divina Maestà prende per ben fatto quello che voi avete fatto. Centuplicate felicitazioni per la festività di Pasqua così a voi come al Superiore, ed a tutta la comunità. Vi benedico chiudendovi con tutti nei SS. Cuori segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 25 Marzo 1856.
21 (CCLXV)
Al P. D. Luca Manna dei SS. CC.[105] – Cerignola
L’esorta a confessarsi vicendevolmente.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Confessatevi l’uno con l’altro e confessate ancora i fratelli e tutti quelli che appartengono al Collegio, cioè che formano il numero dei nostri. Per la procura la manderò quando si ritira il superiore Speranza. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 4 Marzo 1857.
22 (CCLXIX)
Al P. D. Luca Manna dei SS. CC. – Cerignola
Tratta di affari della Cong.ne.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
In questa medesima posta scrivo a Mons. Vescovo, che togliesse i Campanelli dal Collegio. Vi benedico, e colla benedizione vi dico, che voglio la pace; perciò vi chiudo nei SS. Cuori, segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma.
Secondigliano, li 7 Aprile 1857.
Il v.ro vero Padre in G. C.
23 (CCCVII)
Al P. D. Michele Sodano dei SS. CC. – Bitetto
Parla dei diversi affari di Cong.ne.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
La vostra mi giunse ai 22 dello spirante, dopo l’ordinazione; perciò il P. Fisco disse che la dimissoria la portava colle proprie mani. Ho scritto al P. Buonocore, che avesse fatto trovare il P. Peluso a Cerignola verso i dieci dell’entrante, quando il P. Fisco passerà per colà; speriamo nel Signore che il tutto riesca a gloria dei SS. Cuori. Il borderò è presso di noi; ma difficilmente si potrà avere la polizza per la partenza del P. Fisco, ricevendola ve la manderò. Nella quaresima mi significherete la necessità dei quattro o cinque padri, e subito ve li manderò. Vi benedico con tutti di Collegio nei SS. Cuori segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 26 Dicembre 1857.
24 (CCCXIII)
Al P. D. Emanuele Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Concede la facoltà di esaminare un giovane,
e ringrazia Dio per l’assistenza prestata ai nostri nelle opere del ministero.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Concedo tutte le facoltà al P. Sodano di riunire altri esaminatori almeno al numero di tre, e con tutte le ritualità e precetti prescritti dal decreto esaminare il giovine di Casaltrinità.
Ringraziamo Sua Divina Maestà che vi abbia assistito nel tempo delle fatiche, e La prego che sempre sia con essivoi. Per la rinuncia della Ripalta voglio consigliarmi con i miei, ed in un’altra vi dirò il risultato. Vi benedico chiudendovi con tutti di collegio nei SS. Cuori segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre il G. C.
Secondigliano, li 20 Febbraio 1858.
25 (CCCXXVI)
Al P. D. Emmanuele Speranza dei SS. CC. – Cerignola
Gli comanda di venire in Secondigliano, per indi recarsi a Roma:
incarica chi dovrà supplirlo come Rettore.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Voi in virtù di santa ubbidienza recatevi in Secondigliano con il bagaglio proprio per recarvi in Roma a rimettere la chiesa, e locale ceduto alla nostra Cong.ne dal principe Santacroce. Dal collegio di Cerignola prendete trenta ducati, quali vi serviranno per il viatico, altro denaro che vi bisognerà lo conoscete in Secondigliano. Fra questo tempo che mancherete da Cerignola vogliamo che il P. Graziano faccia da superiore in Cerignola. Passate tale notizia al P. Graziano, e ditegli che riceve tale incarico in virtù di stretta ubbidienza. Vi benedico chiudendovi nei SS. Cuori, segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 6 Maggio 1858.
26 (DVII)
Al P. D. Luigi M. Ianniello dei SS. CC. – Bitetto
Tratta di vari affari e dice che la Cong.ne è opera di Dio, non sua.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Vi accludo la patente pel Procuratore di Gioia. Mi sono molto consolato per la strada, confidiamo in Dio. Noi abbiamo con una nostra ringraziato Mons. Arcivescovo per l’impegno che ha per il collegio di Bari. Ho mandato dal Ministro per il sollecito. Il P. N. N. è stato cacciato fuori dalla Cong.ne. Quando l’alunno non conosce a perfezione la lingua latina non può venire. Celebrate per voi nella giornata dei morti. Il P. de Bellis è stato segnato per Cerignola, adunque vada presto in Cerignola perché si principia la novena dei morti. Non vi avvilite, saprà il Signore come provvedere, stante che l’opera nostra, non è opera di uomo, ma di Dio; siate di buon animo e vivete quieti, ché il Signore è con voi. Vi benedico e chiudo nei SS. Cuori, segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 20 Ottobre 1859.
27 (DLXXX)
Al P. D. Michele Sodano dei SS. CC. – Bari
Tratta di affari riguardanti quella Casa.
I.M.I.
Carissimo figlio in G. C.,
Tardi ho ricevuto la vostra colla data dei 14 del caduto mese, e tardi vi dico che ho dato premura al Signor D. Luigi Lucarelli per attivarsi presso il Ministero. Potete ritenere che il P. Rossi stazionato in Bari, di poi si presenterà per Cerignola. Il P. Ianniello è nominato esaminatore per il nuovo noviziato di Bitetto, e per i futuri studenti. Prego poi D. Eustachio Renna, e D. Colletta Trentadue seniore ad accettare ancora essi la carica di esaminatore dei nostri novizii e studenti, ché il Signore centuplicatamente li pagherà la fatica nella vita presente e nella futura. Vi benedico e vi chiudo nei SS. Cuori di Gesù e Maria segnandomi di v.ra Sig.ria Ill.ma il v.ro vero Padre in G. C.
Secondigliano, li 30 Maggio 1860.
* Docente di Storia della Chiesa nell’Università Pontificia Salesiana (Roma) e nella Facoltà Teologica Pugliese (Bari), è membro del Consiglio di Presidenza dell’Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa (Roma), del Comitato di Redazione di Chiesa e Storia. Rivista dell’Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa, e del Comitato Scientifico della Collana Oi christianoi. Nuovi Studi sul cristianesimo nella storia, pubblicata dalle Edizioni Il Pozzo di Giacobbe (Trapani).
[1] Cfr. Archivio Parrocchia dei SS. Cosma e Damiano – Napoli, Vol. 12 battezzati, fol. 128v.
[2] Cfr. A. Riccardi, Intransigenza e modernità. La Chiesa cattolica verso il terzo millennio, Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 5.
[3] Per la Capitanata, cfr. A. e G. Clemente, La soppressione degli ordini monastici in Capitanata del decennio francese (1806-1815), Bari, Editrice Tipografica, 1993.
[4] Cfr. Clemente XIV, «Breve Dominus ac Redemptor», 21 luglio 1773.
[5] Pio IX, «Allocuzione Singulari quadam», 9 dicembre 1854, in U. Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740: Pio IX (1846-1878), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1995, p. 149.
[6] Cfr. G. Sale, «L’Unità d’Italia e Pio IX», in La Civiltà Cattolica, 161 (2010) III, pp. 107-118. E, inoltre, G. Sale, «Pio IX, Cavour e l’unità d’Italia», in La Civiltà Cattolica 161, (2010) IV, pp. 107-118.
[7] Cfr. V. Gioberti, Del Primato morale e civile degli italiani, Napoli, Stab. Tip. e Calc. di C. Batelli e Comp., 1848.
[8] A. Rosmini, Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Testo ricostruito nella forma ultima voluta dall’Autore, con saggio introduttivo e note di Nunzio Galantino, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1997.
[9] G. Padelletti, Libera Chiesa in libero Stato. Genesi della formula cavouriana, Firenze, Tip. dei Successori Le Monnier, 1875.
[10] Cfr. S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, Napoli, Edizioni Dehoniane, 1975, p. 355.
[11] Pio VI, «Enciclica Inscrutabile Divinae», 25 dicembre 1775, n. 4.
[12] Pio IX, «Lettera enciclica Cum nuper annua», 20 gennaio 1858, in E. Lora e R. Simionati (a cura di), Enchiridion delle Encicliche, II. Gregorio XVI. Pio IX (1831-1878), Bologna, EDB, 1997, p. 393.
[13] Cfr. O. Hintze, Stato e società, Bologna, Zanichelli, 1980, p. 159.
[14] Tale aspetto, chiamando in causa anche l’apporto dei fedeli, sarebbe stato ulteriormente accentuato dalla “interpretazione” italiana – condizionata dalla coeva Questione Romana – della lettera enciclica Rerum novarum, pubblicata il 15 maggio 1891 da papa Pecci: Leone XIII, «Lettera enciclica Rerum novarum», 15 maggio 1891, in E. Lora e R. Simionati (a cura di), Enchiridion delle Encicliche, III. Leone XIII (1878-1903), Bologna, EDB, 1997, pp. 600-665.
[15] Cfr. P. Bourdieu, «Genèse et structure du champ religieux», in Revue française de sociologie, (1971) 12, pp. 295-334.
[16] M. Guasco, Storia del clero in Italia dall’Ottocento a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 45.
[17] Cfr. Francesco, «Esortazione Apostolica Evangelii gaudium», 24 novembre 2013, nn. 20-24.
[18] Benedetto XVI, Omelia nella Cappella Papale per la canonizzazione dei beati Gaetano Errico (1791-1860), Maria Bernada (Verena) Bütler (1848-1924), Alfonsa dell’Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu) (1910-1946), Narcisa de Jesús Martillo Morán (1832-1869), 12 ottobre 2008.
[19] Cfr. L. Ceyssens, Le sort de la bulle Unigenitus. Recueil d’études offert à Lucien Ceyssens à l’occasion de son 90. anniversaire, Leuven, University Press – Uitgeverij Peeters, 1992.
[20] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal P. D. Michele Sodano, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 29 ottobre 1861 Anniversario della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 420.
[21] Cfr. S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 27-30.
[22] Archivio Storico Diocesano – Napoli (d’ora in poi ASDN), Carteggio Arcivescovi – Miscellanea I 59: Dalla relazione di «D. Gaetano d’Errico per fondare la Congr. dei SS. Cuori in Secondigliano», in Fascio I, n. 6.
[23] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal padre D. Domenico Fisco, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 27 Novembre 1860 giorno 30 della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 399.
[24] Cfr. ASDN, Fondo Causa dei Santi. Processo Ord. del Servo di Dio G. Errico, p. 936.
[25] ASDN, Segreteria del Clero – Registro dei Confessori, Libro 1°, Lettera A, Folio 127, n. 744.
[26] Cfr. «Sommario», in Processo Ordinario, Positio Super Introducione Causae, Romae, 1883, pp. 84, 111-121, 413.
[27] Cfr. «La nuova Chiesa dell’Addolorata», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 92-104.
[28] ASDN, D. Gaetano d’Errico per fondare la Congregazione dei Sacri Cuori in Secondigliano, 28 gennaio 1832, in Fondo «Miscellanea», 1832, I-59.
[29] ASDN, Carteggio Arcivescovo, Card. Ruffo Scilla, fascio 92, n. 26.
[30] ASDN, Miscellanea, 1832, I – 59.
[31] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal padre D. Domenico Fisco, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 27 Novembre 1860 giorno 30 della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 401.
[32] Cfr. la scheda con i «Dati biografici» riportata in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 21-22.
[33] Cfr. G. Russo, Il carisma di Gaetano Errico. Fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori, Napoli, Editoriale Comunicazioni Sociali, 1984, pp. 161-236.
[34] Cfr. G. Redigolo, Ritornare al cuore. San Gaetano Errico Fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori, Milano, Ancora Editrice, 2002, pp. 78-92.
[35] Cfr. G. Russo, Ven. Gaetano Errico profeta dei tempi nuovi, Roma, Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori, 1991.
[36] Sull’argomento, cfr. A. G. Dibisceglia, «La vita consacrata: una ricognizione storica sulla Capitanata», in Salós “Noi folli per Cristo…” (1 Cor 4,10). Rivista dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Nicola, il Pellegrino” di Trani, XV (2016) 15-16, pp. 71-80.
[37] Cfr. Lettera dell’arcivescovo di Napoli, Filippo card. Caracciolo, a S. Eccellenza il Ministro di Stato delle Finanze di Napoli, 18 luglio 1835, riportata in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 187.
[38] «Il Conte di Cavour, con la numerosissima schiera dei suoi partigiani, vuole che si faccia l’Italia delle annessioni. Invece di unità d’Italia avremmo l’Unità del Piemonte, o la moltiplicazione del Piemonte con nove decimi dell’Italia annessi intorno. Sulla carta geografica saremmo sempre italiani: qui non ci cade dubbio; ma, come Malta si chiama l’Italia inglese, così l’Italia si chiamerebbe Italia piemontese»: I Tuoni, Giornale quotidiano, I (24 settembre 1860), p. 62.
[39] Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, Napoli, Tipografia Angelo Sangermano, 1908, p. 446 (DXI).
[40] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal padre D. Domenico Fisco, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 27 Novembre 1860 giorno 30 della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 408-409.
[41] Archivio dei Missionari dei SS. Cuori – Roma (d’ora in poi AMMSSCC), Scritti vari di D. Gaetano Errico.
[42] ASDN, Cart. Arc., fascio 106, n. 5.
[43] ASDN, Fondo Carteggio Arcivescovi, fascio 105, n. 11.
[44] Processo Ordinario, Positio Super Introducione Causae, cit., p. 89.
[45] Cfr. G. Di Gennaro – D. Pizzuti, «Alfonso de’ Liguori e il secolo dei lumi. Una rivisitazione storico-sociologica in occasione del terzo centenario della nascita», in Rassegna di Teologia, XXXVIII (1997) 3, pp. 293-312.
[46] AMMSSCC, A Sua Santità Pio IX per la concessione dei Privilegi, 17 agosto 1846.
[47] «Con rescritto del 17 agosto 1846 il Venerabile ottenne alla nostra Cong.ne la comunicazione di tutte e singole le indulgenze concesse dai Sommi Pontefici alle Cong.ni dei Redentoristi, Passionisti, Pii Operai e Signori della Missione. Ma già prima con altro rescritto del 5 luglio 1846 aveva ottenuto dalla S. Cong.ne di Propaganda Fide la grazia di partecipare di tutti i privilegî, facoltà e indulgenze che godono le Cong.ni di Missionari della città di Napoli, e la Pia Società della Purità in Avellino»: Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., p. 111, nota 1.
[48] Archivio di Stato – Napoli (d’ora in poi ASN), Il Comm.r Capone a Sua Eccellenza Il Consigliere di Stato Ministro Seg.o di Stato degli Affari Ecclesiastici, 21 dicembre 1846.
[49] Alfonso Maria de’ Liguori, Pratica del confessore per ben esercitare il suo ministero data in luce dall’illustris. e reverendiss. mons. d. Alfonso de Liguori vescovo di S. Agata de’ Goti, rettor maggiore della Congregazione del SS. Redentore. Opera che serve di compimento all’Istruzione dei confessori dell’autor medesimo, Venezia, Presso Giovanni Vitto, 1771.
[50] Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., pp. 9-10.
[51] ASN, «Supplica del sacerdote d’Errico», 6 luglio 1839, in Ministero dell’Ecclesiastico: Espedienti, fascio 2468 – I (nuova numerazione).
[52] ASN, «Supplica del sacerdote d’Errico», 6 luglio 1839, in Ministero dell’Ecclesiastico: Espedienti, fascio 2468 – I (nuova numerazione).
[53] AMMSSCC, Lettera dell’Arcivescovo Leone a S. Eccellenza Il Ministro Segretario di Stato, Ministro degli Affari Ecclesiastici Napoli, 20 gennaio 1843.
[54] Archivio Notarile – Napoli, Notar Cosmo Miranda, 20 marzo 1843, rep. 21.
[55] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal padre D. Domenico Fisco, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 27 Novembre 1860 giorno 30 della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 408-409.
[56] Cfr. «Regole della Congregazione de’ Santissimi Cuori di Gesù e di Maria», 7 agosto 1846, in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 288-289.
[57] ASN, «Esercizi di Pietà, che pratticansi dai PP. della Congregazione sotto il titolo de’ SS.mi Cuori a beneficio spirituale de’ Fedeli», in Carteggio Arcivescovi, Card. Sanfelice, fascio 23, n. 58.
[58] ASDN, «Domanda del popolo di Miano per una Missione a S. E. il Sig. D. Sisto Riario Sforza de Duchi, prete cardinale arcivescovo e patrizio napoletano», s.d. [post 1860?], in Fondo Carteggio Arcivescovi, Card. S.R. Sforza, fascio 14, n. 34.
[59] Cfr. A. Dupront, Il sacro. Crociate e pellegrinaggi. Linguaggi e immagini, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 439.
[60] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal P. D. Michele Sodano, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 29 ottobre 1861 Anniversario della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 423.
[61] «Regole della Congregazione de’ Santissimi Cuori di Gesù e di Maria», cit., pp. 277-306.
[62] Ivi, pp. 291-292.
[63] Ivi, p. 286.
[64] Ivi, p. 286.
[65] Ivi, p. 286.
[66] Ivi, p. 287.
[67] Ivi, p. 289.
[68] Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., p. 507 (DCX).
[69] Ivi, pp. 509-510 (DCXIV).
[70] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal P. D. Michele Sodano, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 29 ottobre 1861 Anniversario della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 427.
[71] «l’idea della Chiesa come societas perfecta, contro le pretese degli stati moderni di interferire sull’organizzazione esterna della Chiesa»: D. Vitali, «Ecclesiologia e la Chiesa in Italia», in Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia. Vol. I: Dalle origini all’Unità d’Italia, in www.storiadellachiesa.it (consultato in data 15 ottobre 2016).
[72] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal padre D. Domenico Fisco, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 27 Novembre 1860 giorno 30 della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., pp. 408-409.
[73] Sulla presenza a Cerignola e sulle vicende dei locali che accolsero i missionari dei Sacri Cuori, cfr. A. Disanto, «I Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria a Cerignola», in Carte di Puglia. Rivista di Letteratura, Storia e Arte, VII (2005) 14, pp. 5-29.
[74] Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., p. 62 (V).
[75] Ivi, p. 146 (XCIX).
[76] Ivi, p. 77 (XIX), nonché pp. 103-104 (XLVI).
[77] Ivi, p. 167 (CXXVII).
[78] Ivi, pp. 250-251 (CCXXVIII).
[79] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, 11 aprile 2015, n. 10.
[80] «Elogio funebre di D. Gaetano Errico fondatore, e superiore generale della Congregazione de’ SS. Cuori di Gesù e Maria letto dal P. D. Michele Sodano, Consultore Generale della medesima Congregazione nella Chiesa del Collegio di Secondigliano il dì 29 ottobre 1861 Anniversario della sua morte», in S. Loffredo, Gaetano Errico da documenti inediti, cit., p. 421.
[81] Cfr. quanto, al proposito, si legge in L. Conte, «Descrizione storica topografica statistica industriale della Città di Cerignola», in F. Cirelli, Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato ovvero descrizione topografica, storica, monumentale, industriale, artistica, economica e commerciale delle province poste al di qua e al di là del faro e di ogni singolo paese di esse, Napoli, Stabilimento Tipografico di G. Nobile, 1853-60, pp. 79-80 (27-28).
[82] Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., pp. 74-75, nota 2.
[83] Ivi, p. 77, nota 1.
[84] Cfr. le lettere 5 (XIX), 6 (XXI), 7 (XXII) e 9 (LXVI) di questa pubblicazione.
[85] Cfr. C. Dilaurenzo, Storia dell’Ospedale Tommaso Russo di Cerignola, Cerignola, Unità Sanitaria Locale Fg/10, 1990.
[86] Archivio Segreto Vaticano – Città del Vaticano (d’ora in poi ASV), CC. Visita SS. Limina – Asculana et Ceriniolen, II. 1800-1876, Relazione di Sua Ecc. Francesco Iavarone, 1837. Si devono all’opera meritoria del prof. Roberto Cipriani il recupero e la trascrizione – come in questo caso e in quelli immediatamente successivi – della consistente quantità di documenti conservati nell’Archivio Segreto Vaticano, relativi alle vicende della Chiesa locale in età moderna e contemporanea.
[87] ASV, CC. Visita SS. Limina – Asculana et Ceriniolen, II. 1800-1876, Relazione di Sua Ecc. Francesco Iavarone, 1843, n. 8.
[88] ASV, CC. Visita SS. Limina – Asculana et Ceriniolen, II. 1800-1876, Relazione di Sua Ecc. Leonardo Todisco Grande, 30 maggio 1852, Sectio Quarta, «De Clero Regulari», n. 2: «In Cerignola nel soppresso Monastero degli Agostiniani eretto da pochi anni, esiste il Collegio della nuova Istituzione dei Sacri Cuori di Nostro Signore Gesù Cristo, e della Beata Vergine Maria. Pochi giovani Sacerdoti, dimorano con pochi frati». Il tono di quanto affermato dal presule nel 1852 ritornò – perpetuandone l’utilità della presenza e dell’operato – anche nelle relatio successive: «Ceriniolen adest Collegium Patrum titulo SS.orum Cordium D.ni N.ri J.C. et B.ae Mariae V.is de brevi erectum. Hodie pauci Patres utile opus Ecclesiae praoptant»: ASV, CC. Visita SS. Limina – Asculana et Ceriniolen, II. 1800-1876, Relazione di Sua Ecc. Leonardo Todisco Grande, 28 ottobre 1855, Sectio Quarta, n. 2. E inoltre: «Ceriniolen adest Collegium Patrum titulo SS.mum Cordium Domini Nostri Jesu Christi, et Beatae Mariae Virgini in quo pauci Patres opus ecclesiae praestant»: ASV, CC. Visita SS. Limina – Asculana et Ceriniolen, II. 1800-1876, Relazione di Sua Ecc. Leonardo Todisco Grande, 29 novembre 1858.
[89] Il P. D. Fedele De Cillis, nativo di Bagnoli Irpino, era addetto all’istruzione nel tempo delle missioni. Per futili motivi, dopo aver dimorato nei Collegi di Secondigliano e Cerignola, abbandonò la Cong.ne
[90] Il P. D. Giuseppe Orlando nativo di Torre Annunziata (Napoli) fu uno dei primi compagni del ven.le Fondatore. Fu dapprima Rettore del Collegio di Cerignola, indi di quello di Roccasecca, e poi Procuratore Gen.le. Soppressa civilmente la Cong.ne nel 1866 si ritirò in famiglia ove morì.
[91] Il P. D. Tiberio Cavallo, di Calvizzano, presso Napoli, fu ricevuto essendo ancor giovane dal nostro Fondatore. Ordinato sacerdote fu mandato nel Collegio di Cerignola, donde, insofferente delle privazioni e dei sacrifizî inseparabili dai primordî di ogni fondazione, passò nel seno di sua famiglia.
[92] Il P. D. Francesco Guastaferri, nativo di Boscotrecase (Napoli) fu ricevuto da giovane in Cong.ne. È ricordato in comunità per la scienza dei sacri canoni, e per la sua grande carità verso i poveri, a cui, essendo Rettore del Collegio di Cerignola, dispensò un giorno quanto aveva in casa, contentissimo d’esser rimasto per essi privo di tutto. Di buono spirito, e amante della regolare osservanza fu degnato, come narra il P. Rennella nei processi apostolici (Num. XVI, § 42), di vedere spesse volte il nostro Venerabile elevato da terra mentre celebrava la S. Messa. E il P. Vincenzo Ferrara mi diceva che il Guastaferri, quando il Venerabile tormentato dal timore di abusare del Sangue di Gesù nell’amministrazione della penitenza, se ne stava notte e giorno ai piedi del tabernacolo e presso la sua cara Addolorata a piangere e domandare la pace del cuore, vide la Madonna che aprendo il suo manto mostrava al suo servo delle belle e freschissime rose, tranquillizzando con ciò lo spirito del servo di Dio. Fu anche Vigilatore, e poi Consultore Gen.le della Cong.ne; e dispersi i suoi confratelli si vide costretto a ritirarsi in famiglia, ove morì nel luglio 1892 colpito da morbo apoplettico avendo sopportato per vari anni con eroica rassegnazione i dolori della malattia.
[93] Il signor D. Luigi Morra fu insigne benefattore del nostro Collegio di Cerignola.
[94] Di questo Padre se ne parlerà in appresso. [«Il P. D. Domenico Fisco, nativo di S. Anastasia (Napoli) fu di vivace ingegno, zelante missionario e predicatore instancabile. Fu uno dei primi compagni del nostro ven.le Padre, e da Lui fu nominato Consultore Gen.le, e sotto il governo del P. Speranza fu eletto Vicario Gen.le. Costretto a lasciare le case della Cong.ne per la legge di soppressione si ritirò in sua patria, ove non cessò di operare da vero missionario; specialmente evangelizzò le terre della diocesi di Amalfi, dove lo chiamò l’Arciv. Maiorsino, devotissimo del Venerabile e della Cong.ne. Colpito d aparalisi morì in sua patria, munito dei conforti religiosi, il 19 Giugno 1884»: Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., p. 137, nota 1].
[95] Il fratello Antonio Martignano, finché visse in Cong.ne, fu uno dei nostri migliori fratelli, come del resto si può vedere da questa lettera, e assai divoto di Maria Immacolata. Perseguitato a torto da alcuni nostri Padri abbandonò la Cong.ne; ma nel secolo menò sempre vita edificante ed esemplare, e fu sempre attaccatissimo al Venerabile, di cui propagò mirabilmente la devozione.
[96] Era questi munifico protettore ed insigne benefattore del Collegio di Cerignola.
[97] Essendovi stati in Cong.ne parecchi fratelli laici di questo nome non si può precisare di chi si parli in questa lettera.
[98] Era questi il P. D. Michele Orlando, di cui si parlerà in appresso, fratello al P. D. Giuseppe Orlando [«Il P. D. Michele M. Orlando in un modo ammirabile fu chiamato da Dio nella nostra Cong.ne. Ecco come ce lo narra il P. Fisco nei processi per la Beatificazione del servo di Dio: “Mi disse il fu D. Michele Orlando, nostro congregato, che essendo egli nel seminario di Nola un giorno andò a visitare suo fratello D. Giuseppe, nostro congregato. Il servo di Dio allorquando quegli voleva licenziarsi ed andar via gli disse che doveva rimanere in nostra Comunità ed esserne membro; ed insistendo quello di non sentirvisi chiamato, il servo di Dio rispose: Rimanete stasera con noi, raccomandatevi alla Madonna, e domani mi farete sapere che v’ispira. Il fatto fu che la mattina suguente egli spontaneamente domandò al servo di Dio di ammetterlo in Comunità, ed è morto nostro congregato” (Process. Ord. N. XIX, § 93): Nè solo morì in Cong.ne, ma morì circondato di stima e venerazione come di un santo. Fu di costumi semplicissimo, ritirato, zelante della regolare osservanza, dotto predicatore, missionario instancabile, e devotissivo di Maria Immacolata, che amava come sua tenerissima Madre, e le cui glorie propagò nel mese di maggioi da lui moltissime volte predicato, e che poi diede alle stampe col titolo: Serto di Fiori consacrato al Cuore di Maria Immacolata (Napoli – A. Festa 1856). Da questa divina Madre sperava la grazia di morire o nella dodicina che precede la festa dell’Immacolata, o nel mese di maggio; ed era sì sicuro d’ottenerla che diceva pubblicamente agli altri che in tal tempo sarebbe morto, e difatti morì il 22 maggio 1862 nella Casa di Secondigliano colpito da emottisi. Fu carissimo al nostro ven.le Padre, che dopo la morte del Vitagliano (1858), non dubitò di manifestare a lui i segreti di sua coscienza, e lo elesse dapprima Rettore del Collegio di Roccasecca, indi Consultore Gen.le, e suo primo Vicario Gen.le, e da Vicario Gen.le volle affidare alla sua direzione l’importante Santuario di S.Maria della Civita in Itri, donatoci da S. M. Ferdinando II, di cui aveva già preparata la storia rimasta incompleta a causa della sua morte»: Lettere del Ven.le Gaetano Errico fondatore della Cong.ne dei PP. Missionari dei SS. Cuori per P. Vincenzo M. Pennino della medesima Cong.ne precedute da breve biografia dello stesso Servo di Dio, cit., p. 95, nota 1].
[99] Il P. D. Emmanuele Speranza nasceva in Torre Orsaia (Policastro) il 31 dicembre 1826 da Pietrantonio e Laura Caputo, piissimi e fervorosi cristiani. Fin da ragazzo mostrò un’inclinazione speciale alla pietà, e da sé stesso, non avendo che nove anni, chiese di vestire l’abito talare. Sue occupazioni in quell’età erano l’orazione, la meditazione delle verità eterne e l’assistenza alla chiesa; e si narra che in una sera del novenario per la festa di S. Giuseppe, festa particolare di sua famiglia, la madre lo vedesse sollevato da terra cogli occhi fissi nella Sacra Ostia: e non aveva che dieci anni!… Mons. Laudisio, vescovo di Policastro, volle premiare tanta virtù, e appena dodicenne, prima ancora che entrasse in seminario, gli conferì la tonsura e gli ordini minori. Anelando però a maggior perfezione decise di dare il suo nome alla Compagnia di Gesù, e di notte, all’insaputa dei suoi genitori, lasciando nella stanza del padre un biglietto con cui lo avvisava d’esser partito per farsi gesuita, solo e con pochi mezzi di sussistenza partì di casa diretto a Sala Consilina. Ma raggiunto dal fratello maggiore Giuseppe, divenuto poi ottimo ed integerrimo magistrato, ritornò in famiglia rimettendo a miglior tempo l’esecuzione di questo suo divisamento. A vent’anni entrò nel seminario diocesano, e dopo pochi anni era ordinato sacerdote. Incontratosi coi nostri Padri, che in quella regione predicavano le sante missioni, domandò del fine della Cong.ne, della vita che in essa si vive, e trovatala conforme alle sue aspirazioni, lasciò la famiglia, non curò l’affetto che sentiva veementissimo per la sua mamma, e nel 1852 entrò nel noviziato di Secondigliano, già provetto nella virtù. Dopo pochi mesi di prova fu dal ven.le Fondatore ammesso alla professione, e nominato vice-rettore del Collegio di Cerignola. Ivi fecesi ammirare per la sua ritiratezza ed esemplarità di vita, pel suo zelo apostolico, e pel suo disinteresse e carità. Da quello di Cerignola passò al Collegio di Bitetto, ove anche si segnalò per le sue virtù, e specialmente per la sua ubbidienza. Indi tornò di nuovo in Cerignola per reggere come Superiore quella Casa. Apertosi nel 1858 un nuovo Collegio in Roma il ven.le Padre pose gli occhi sovra di lui destinandovelo come Rettore, sicuro che per mezzo suo la Cong.ne dinanzi al Vicario di Gesù Cristo avrebbe acquistato lustro e decoro. Dovette soffrire non poco per la strettezza e miseria di quella Casa, vedendosi abbandonato anche da alcuni suoi confratelli, e sostentandosi con poca polenta condita con olio o con due uova che egli stesso si preparava. Ma stette saldo contro ogni tentazione, soffrendo tutto per amore di Dio e pel bene dell’Istituto. Creato a pieni voti Superiore Gen.le, dopo che per più di un anno la Cong.ne era stata retta dal Vicario Gen.le P. D. Michele Orlando, ne sentì tanto dispiacere che ne cadde infermo; ma finalmente piegatosi alla volontà di Dio, ne accettò il peso in quei tempi così difficili per le famiglie religiose. Fece ogni sforzo per far rifiorire la Cong.ne, ma inutilmente, essendo scarso il suo governo scarsissimo di vocazioni. Nella Casa di Roma fece costruire alcune stanze pel noviziato, che avea stabilito di aprirvi il 2 febbraio 1885. Ma Iddio lo volle chiamare al premio di tante sue fatiche, e dopo una penosa malattia, sopportata con somma rassegnazione, munito dei ss. Sacramenti, rendeva a Dio l’innocente sua anima nella notte del 28 gennaio 1885 nel Collegio di Roma, da lui aperto ed abbellito. Universale fu il compianto all’annunzio della sua morte, e ai solenni funerali vennero ad attestare la stima che ne avevano quasi tutti i Superiori e Procuratori Gen.li degli Ordini Religiosi. I giornali cattolici nel pubblicarne la morte ebbero per lui parole ben lusinghiere. Per la sua virtù e pel suo sapere era molto stimato dagli E.mi Cardinali, e specialmente dal Bilio e dal Patrizi, che nell’adunanza del caso morale a S. Apollinare lo voleva quasi sempre da epitomatore. A me stesso, una diecina d’anni fa, fu domandata una sua immagine, e alcuni si meravigliavano come non ancora si fosse introdotta la causa di beatificazione. Fu direttore spirituale di quasi tutti i monasteri di vergini di Roma. Instancabile nel predicare giungeva a far sin cinque prediche al giorno, senza mai lamentarsi di fatiche si sproporzionate alla sua gracile e malferma salute. Fu dolcissimo nel favellare, amabilissimo nel trattare, e divotissimo di Gesù Sacramentato, dinanzi a cui ogni giorno, e sempre in ginocchio, recitava il suo breviario, non ostante fosse già troppo occupato.
[100] Luc. V, 5.
[101] Ciò che il Venerabile in questa bellissima lettera suggerisce al suo carissimo figlio lo diceva non tanto perché i consigli che qui dà sono più che mai conformi alla più sana morale, quanto perché della bontà del metodo, ch’Egli seguiva nell’amministrare la santa penitenza, era stato in modo speciale assicurato da Dio. Si narra che in uno dei colera del 1837 o 54, e molto facilmente dev’essere quest’ultimo, Egli fosse grandemente angustiato di coscienza per la facilità con cui dava la santa assoluzione. Oppresso da sì terribile pensiero, di abusare cioè del Sangue di Gesù, non sapeva darsi pace. Notte e giorno prostrato ai piedi del tabernacolo, ovvero nel coretto vicino la sua stanza, con gemiti, lacrime e sospiri, domandava al Signore di quietare il suo cuore. E il Signore, ponendo termine a tanti martiri del suo servo, si compiacque esaudirlo, e gli fe’ sentire una voce celeste che diceva: «Gaetano, Gaetano, tu assolvi in terra ed io assolvo in cielo». A questa voce si diradarono tutti i suoi dubbi, il suo cuore riacquistò la tranquilla primiera, e con maggior abnegazione si diede ad amministrare sì bel sacramento; e sapeva talmente disporre gli animi, con sole poche parole che diceva, che nessun peccatore, per quanto si voglia incallito nella colpa, lo faceva partire dai suoi piedi senza che gli avesse data la santa assoluzione.
[102] È questi il fratello laico Felice Benevento, germano di Fr. Domenico (di cui s’è parlato in nota alla lettera LXI pag. 117), instancabile lavoratore, morto dopo penosissima malattia il 18 maggio 1905 nella Casa di Secondigliano, avendo già ricevuto tutti i conforti della Religione.
[103] Il P. Graziano era nativo di Ceglie, presso Bari; si ritirò in Cong.ne già sacerdote; disperso l’Istituto si ritirò in famiglia ove finì i suoi giorni.
[104] Parla delle condizioni per lucrare le indulgenze concesse agli scapolari detti delle quattro benedizioni. Intorno a ciò vedi Monitore Ecclesiastico. Ser. II, Vol. III, pag. 37.
[105] Il P. D. Luca Manna, di Casalnuovo (Napoli) fu ricevuto in Cong.ne nel settembre 1850, e nell’istesso mese e giorno dell’anno seguente fu ammesso alla professione. Ordinato sacerdote il 15 agosto 1855 dimorò successivamente nei collegi di Cerignola, Roccasecca e di S. Maria della Civita, ove fu sempre ammirato pel suo retto operare. Dispersa la Cong.ne si ritirò a lavorare da vero missionario nel villaggio di Poggioreale (Napoli) ove morì il 3 dicembre 1889.
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