“Mamma, guarda, passa il santo!” esclama il piccolo Gennarino, affacciato alla finestra. E la mamma: “Prego Dio che ti faccia come lui”.
Il giovane, che tutte le mattine, senza guardare in faccia nessuno, scende da Secondigliano a Napoli, è Gaetano.
La gente lo nota passare immancabile ogni giorno con il caldo, il freddo, la pioggia.
Le mamme l’additano ai propri figli.
Gaetano è iscritto al seminario diocesano, che si trova in largo Donnaregina.
I genitori non possono mantenerlo, come alunno interno, per cui egli, per andare e tornare dalla scuola, percorre quasi sette Km., a piedi, ogni giorno.
Il Card. Luigi Ruffo Scilla, dopo la visita pastorale del 1804, notata l’inadeguata preparazione del clero, riordina il piano degli studi per i due seminari, il diocesano e l’urbano; vieta ai chierici di andare alle scuole private, se non per casi personalmente autorizzati, e stabilisce che per accedere al sacerdozio si devono, dopo l’esame di ammissione, frequentare almeno due anni di filosofia e quattro di teologia.
Gaetano li compie tutti ed anche di più: “Ho studiato un anno di logica e metafisica, un anno di fisica, circa tre anni di matematica, due di diritto di natura, tre anni e più di diritto civile e canonico e quattro anni di teologia dogmatica”.
Il suo profitto è ottimo. Sempre presente alle lezioni, esatto, attento, accorto nello studio è promosso dai maestri assistente del Circolo, e, poi, eletto principe di teologia.
Si distingue tra i compagni per la sua modestia, contegno ed applicazione allo studio.
Per una pubblica discettazione in teologia davanti a Mons. Bernardo Della Torre, vicario generale con pieni poteri, durante l’esilio dell’Arcivescovo, merita di essere tra i pochi chierici esonerati dal servizio militare.
Attento a scuola, studia a casa fino a notte inoltrata e s’alza presto la mattina per lo studio. Qualcuno in famiglia nota che qualche volta non dorme di notte per studiare.
La mattina con gli altri compagni del paese riprende la via della scuola con in tasca poche monete, date dalla mamma, con le quali compra qualche arancia, fichi secchi, lupini e carrube, per la colazione nell’intervallo tra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio.
Qualche volta per il salone passa l’Arcivescovo, che, compiaciuto, esclama: “Ho cinque angeli di chierici”.
Durante questo spazio di tempo visita i malati del vicino ospedale “Incurabili”, portando loro qualche regalino, frutto dei suoi risparmi, o va in qualche chiesa aperta per le sante quarantore. Spesso si reca in quella delle suore “Perpetue Adoratrici”.
Qualche volta per il caldo eccessivo, riposa su una panca della scuola.
A casa è sempre contento del cibo che la mamma gli presenta.
Qualche amico, che conosce la situazione precaria della famiglia e la sua inclinazione per le scienze matematiche, gli consiglia di concorrere per una cattedra all’Università, ma egli non è dello stesso parere, perché sente che la sua vocazione è per le opere della vita sacerdotale.
Nei giorni liberi dalla scuola aiuta in parrocchia, insegnando il catechismo ai fanciulli. Il parroco, a cui non sfuggono la sua pazienza e carità, gli affida i più grandicelli ed i meno istruiti.
La domenica va in giro a raccogliere i fanciulli per il catechismo e per la santa messa.
Quando è il tempo, il parroco l’inizia alla predicazione e la gente, notata la buona stoffa, accorre.
Per lo zelo, la pietà, la devozione nel frequentare assiduamente i sacramenti della confessione e dell’eucarestia, la partecipazione a tutte le funzioni e l’esatto servizio all’altare, è ammirato e stimato dai sacerdoti, che gli vogliono bene.
Il decreto del Murat del 1810 impone un numero limitato d’ammissione di chierici all’ordine sacro ed il “patrimonio di una sufficiente rendita” .
Gaetano supera la prima difficoltà, risultando tra i primi al concorso, per la seconda gli viene incontro la Provvidenza.
Infatti, il signor Pasquale Riccio gli costituisce una rendita di lire 316,80 annue, con l’obbligo di sei messe settimanali, da celebrare all’altare di sant’Antonio.
Il 13 settembre Gaetano insieme agli altri ordinandi si ritira nella casa religiosa dei Preti della Missione per gli esercizi spirituali.
Il 23 settembre 1815 la cattedrale è impegnata per le celebrazioni annuali in onore di San Gennaro, per cui il Card. Luigi Ruffo Scilla, tornato a Napoli dall’esilio il 10 giugno 1815, tra la gioia della popolazione, contenta di rivedere il suo pastore, ordina i novelli sacerdoti nella Chiesa di santa Restituta,.
Don Gaetano è finalmente sacerdote di Cristo.
Ancora una volta rifà la strada per tornare a casa.
Questa volta, però, è nella carrozza del suo amico, don Francesco Barbato, ordinato suddiacono.
Arrivato alla casa di questo, solo se ne ritorna alla sua, dove va, prima, ad inginocchiarsi davanti al Crocifisso e, poi, saluta i suoi, il parroco, i sacerdoti ed alcuni amici venuti per ossequiare il novello sacerdote.
Il giorno dopo, senza pompa, celebra la sua prima messa nella Congrega del SS. Sacramento, alla presenza di una folla commossa ed ammirata, che uscendo dalla chiesa, commenta: “Sembrava un angelo!”
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