di Rosanna Borzillo
È il gran giorno per Secondigliano, che mette da parte l’eco dei fatti di cronaca e le paure dei clan di camorra. Nelle vie c’è aria di festa per il primo santo nato qui, padre Gaetano Errico. Manifesti sui balconi, fiori ed edicole votive addobbate. Il santuario dell’Addolorata e la strada dove abitò il santo sono continua meta di fedeli. In tanti sono partiti per Roma: a piazza San Pietro dove alle 10 comincia la celebrazione con Papa Benedetto XVI, che proclamerà santi anche altri tre beati: Maria Bernarda Buetler, Alfonsa dell’Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu), Narcisa di Gesù Martillo Moran. Gaetano Errico è il quarto santo della Campania, insieme con Giuseppe Moscati(1987), padre Pio (2002) e Filippo Smaldone (2006) ed è il primo sacerdote napoletano santo: tra i meriti più grandi ha quello di «far assurgere Napoli all’onore della cronaca, non per notizie dolorose e tragiche», come dice il cardinale Crescenzio Sepe. Anche il Comune ha voluto contribuire: un fumetto racconterà a grandi e piccini la vita e le opere di «don Gaetano». In piazza San Pietro è annunciata la presenza del presidente della giunta regionale, Antonio Bassolino, e del sindaco Rosa Russo Iervolino. Quarantaquattro pullman da Secondigliano, 52 dagli altri quartieri napoletani, duecento da tutta la Campania in viaggio per Roma. «L’uomo della speranza certa – scrive il cardinale nel suo messaggio – Non una speranza che ha il sapore del fatalismo – prosegue Sepe – bensì la speranza che rivela il fremito della risurrezione nell’eroismo della carità. San Gaetano Errico ci aiuta a organizzare la speranza. Le sue priorità nell’attività apostolica furono riconciliazione, accoglienza, vita di preghiera, carità operosa». Ma la vera forza di Gaetano Errico, quella che spinge 10mila persone a venerarlo ancora oggi, è l’essere stato precursore nella carità. Quando nel 1854 a Napoli scoppiò il colera, Gaetano è ovunque, «assiste i moribondi – raccontano i testimoni – confessa sani e malati e accorre dove è chiamato per conforto ed aiuto». Così il suo impegno agli Incurabili. Gaetano è il prete che pianta la tenda fra la sua gente: non l’aspetta in sacrestia ma la cerca tra le strade, nelle case e nei luoghi di ritrovo. Viene chiamato ovunque per sedare litigi, per conciliare dissidi, per confortare sofferenti, per sollevare infermi, per assistere moribondi. Non si nega mai. Spesso lascia la tavola ed il letto, nelle ore di riposo, e corre per consolare il prossimo che per lui ha sempre un volto, un nome, un indirizzo, una storia, che egli conosce bene. Ma c’è anche tanta concretezza nella carità perché si è formato alla scuola dei Sacri Cuori, perciò si ferma a tutti gli angoli dell’emarginazione: tra i carcerati, le prostitute, i disoccupati. Anche dopo la fondazione della congregazione dei missionari dei Sacri Cuori, nel 1833, la sua carità è concreta: fa distribuire ai poveri la stessa minestra preparata per la comunità. Quando raggiungono quasi il centinaio, fa cucinare appositamente per loro, anche quando ci sono difficoltà economiche. In uno di questi periodi, un giorno il cuoco, vedendo assottigliare le provviste, gli fa notare che si rischia la miseria. «Figlio mio – risponde Gaetano guardandolo con commiserazione – hai, forse, dimenticato che tutto quanto abbiamo è roba loro?». E, fidando nella Provvidenza, non diminuisce le elargizioni. Del resto, chi può, lo sostiene con generosità. «Avete goduto della festa ed ora dovete pagare», dice senza remore. E la gente non si lamenta, non critica, anzi dà anche di più, perché conosce tutto di don Gaetano, anche l’uso che fa dei soldi. Oggi, a San Pietro, sono in tanti. Per pregare ma soprattutto per gioire. Per lui Napoli si mobilita il 18 ottobre, alle 19, con una celebrazione solenne in Cattedrale, presieduta dal cardinale Sepe: ci saranno i sacerdoti, la città ma soprattutto la sua gente.
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